Tre cose notevoli

Alle Olimpiadi di Parigi sono successe tante cose importanti, sportive e mediatiche, ma – se doveste chiedermi quali sono le due medaglie che mi hanno dato più gioia – risponderei senza indugio così: l’oro delle ragazze della pallavolo e l’argento di Nadia Battocletti sui 10.000 metri.

L’oro è stato bellissimo, quasi fin troppo semplice (e ci si è troppo concentrati su Velasco, non vi pare?), ma l’argento di Nadia Battocletti – prima delle tre cose notevoli di cui voglio parlarvi – è stato ancora più clamoroso perché inatteso.

Nadia aveva già ottenuto un bellissimo quarto posto sui 5.000, pativa un fastidio al tendine, dunque si è presentata alla seconda finale senza troppe aspettative: il resto, con quello straordinario ultimo giro, è stato sotto gli occhi di tutti.

Prima considerazione: ma sarà poi vero che, senza caricarsi di troppi pensieri, si può rendere di più? Chissà. Di certo, ogni importante obiettivo va preparato con la massima precisione e attenzione, anche mentale. Ma credo sia altrettanto vero che indugiare troppo su un appuntamento cruciale rischia di far bruciare energie preziose. Seconda considerazione: un paio di amici, professionisti in ambito sportivo, mi hanno confessato che secondo loro Nadia negli ultimi cinquanta metri si è sentita appagata dal suo straordinario secondo posto, e ciò le avrebbe impedito di consumare le ultime energie per sorpassare anche Beatrice Chebet e vincere l’oro. Chi può dirlo? Tuttavia a riguardare il video mi sembra che, all’estremo strappo di Nadia, la keniana abbia risposto con un controscatto letale (sportivamente parlando). Lasciamo la domanda senza risposta, come deve essere, e godiamoci la straordinaria impresa della nostra mezzofondista.

cose notevoli

Il ritiro di Eliud Kipchoge

Da qualche parte abbiamo già scritto come poco ci piaccia l’aggettivo iconico, che si usa oggi mal interpretando il suo significato originario. Comunque, se qualcosa di iconico c’è – nei grandi eventi sportivi e non – sono proprio le immagini. E quelle che mi hanno colpito di più, di queste Olimpiadi, riguardano Eliud Kipchoge, che si è ritirato al trentesimo chilometro della maratona per, sembra, un dolore alla zona lombare. E siamo alla seconda delle tre cose notevoli a cui voglio accennare.

Nei pochi secondi di video disponibili vediamo il grande Kipchoge con le mani sui fianchi, sfinito, incredulo, piantato in mezzo alla strada, sorpassato dagli altri podisti e acclamato dal pubblico. Al quale, leggiamo, ha poi donato le sue scarpe e il suo abbigliamento, prima di farsi portare in albergo da un taxi. Quale sarà il futuro sportivo di Eliud Kipchoge? Nuovamente, chi lo sa? Non aggiungiamo niente a questa che, probabilmente, è stata più che una giornata storta di un grande campione. E teniamoci tutta la malinconia e l’umanità di quelle immagini.

Un fantastico (?) oro

La terza delle cose notevoli ci fa uscire dalle Olimpiadi parigine e ci porta agli ultimi Mondiali master di atletica che si sono svolti a Göteborg. Lì, domenica 18 agosto, Angelo Squadrone è diventato campione del mondo di categoria sui 10.000 metri coprendo la distanza in un’ora, quarantanove minuti e cinque secondi.

Che dire. Semmai arrivassi alla sua età, non mi augurerei di diventare campione del mondo sui 10.000 metri. Neppure li vorrei correre, dieci chilometri. Mi basterebbe essere sufficientemente autonomo, sufficientemente lucido, sufficientemente al riparo dagli acciacchi fisici.

La stampa si è scatenata, con articoli enfatici sulla longevità, la tenacia, il coraggio di Angelo Squadrone. Che dire, che dire, che dire: l’oro di Squadrone sembra, o forse è, uno di quegli argomenti un po’ ricattatori su cui è quasi vietato non essere d’accordo. Eppure, lo diciamo?, la prestazione del simpatico novantacinquenne non ha nessun valore dal punto di vista atletico, e non è da escludere che un buon numero di suoi coetanei abituati a una vita dinamica potrebbero ottenere prestazioni simili.

Emozioniamoci davanti allo sport, ecco, ma quando c’è davvero da emozionarsi.



Siamo una giovane realtà editoriale e non riceviamo finanziamenti pubblici. Il nostro lavoro è sostenuto solo dal contributo dell’editore (CuDriEc S.r.l.) e dagli introiti pubblicitari. I lettori sono la nostra vera ricchezza. Ogni giorno cerchiamo di fornire approfondimenti accurati, unici e veri.
Sostieni Moondo, sostieni l’informazione indipendente!
Desidero inviare a Moondo una mia libera donazione (clicca e dona)

GRATIS!!! SCARICA LA APP DI MOONDO, SCEGLI GLI ARGOMENTI E PERSONALIZZI IL TUO GIORNALE



La tua opinione per noi è molto importante.
Commento su WhatsApp Ora anche su Google News, clicca qui e seguici



Potrebbe interessarti anche:
Claudio Bagnasco
Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975. Suoi brani narrativi e saggistici sono apparsi su vari blog e riviste. Ha pubblicato alcuni libri, tra cui i romanzi "Silvia che seppellisce i morti" (Il Maestrale 2010) e "Gli inseguiti" (CartaCanta 2019), e la raccolta di racconti "In un corpo solo" (Quarup 2011). Ha curato il volume "Dato il posto in cui ci troviamo. Racconti dal carcere di Marassi" (Il Canneto 2013). Il 31 ottobre 2019 è uscito il suo saggio "Runningsofia. Filosofia della corsa" (il Melangolo, seconda edizione 2021). Con Giovanna Piazza ha ideato e cura il blog letterario "Squadernauti". Ha ideato Bed&Runfast, il punto d'incontro fra il mondo del podismo e quello delle strutture ricettive. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com. Dal 2013 abita a Tortolì, dove gestisce un B&B con la sua compagna, corregge testi, insegna le parole difficili a sua figlia e corre.