Qualche mese fa vi ho raccontato che, dismesso il ruolo di responsabile dei rapporti con i media per Altra Running, sono tornato a testare scarpe di diversi marchi.
Scoprendo belle novità (ne parleremo presto) e ritrovando il mio primo amore, Saucony. Infatti ogni podista, specie nei primi tempi, è all’affannosa ricerca dell’azienda che produca scarpe capaci di farlo sentire – o meglio di far sentire i suoi piedi – a casa. Sensazione che avevo trovato appunto con Saucony, e che sto riassaporando adesso, a distanza di anni. Dopo aver corso la maratona di Pisa con le Triumph 20, mi sto allenando con le Ride 17, che segnano un’importante evoluzione del modello.
In che senso? Parliamone.
Saucony Ride 17: le caratteristiche tecniche
Le Saucony Ride 17 pesano (nel mio numero da Cenerentola, 13 US) 340 grammi. L’intersuola è di 35 millimetri sul tallone e 27 in punta, per un drop di 8 millimetri.
La tomaia è in mesh tecnico, la calzata è stata ripensata per migliorare la sensazione di comfort. Ma la novità più eclatante è rappresentata dall’ammortizzazione, con il passaggio dalla schiuma PWRRUN alla WPRRUN+ (la stessa delle Triumph 21, per capirci), che garantisce – dichiara l’azienda – il 10% in più di ritorno di energia.
La Saucony Ride 17 è disponibile in quattro (belle e non troppo sgargianti) colorazioni nella versione da uomo e altrettante in quella da donna.
Il test
Abbiamo utilizzato le Saucony Ride 17 un po’ per tutte le tipologie di allenamento, perché la sensazione è proprio quella di una scarpa tuttofare.
Partiamo dagli allenamenti lenti e lunghi. La nuova mescola, non a caso la medesima delle Triumph, garantisce un buon sostegno anche a podisti lenti e pesanti. Sempre rispetto alle Triumph, l’impressione è quella di una maggior secchezza e reattività, per cui va bene indossarle anche per i lunghissimi, ma direi in uscite entro i 30 chilometri.
Proprio la risposta un po’ più pronta in confronto alle sorelle maggiori le rende ottime per i lavori di qualità. Personalmente le ho testate su ritmi medi e negli sprint in salita: la nostra velocità è quella che è, ma sospettiamo che le Ride 17 possano essere anche adatte a lavori di qualità per chi va svelto, e voglia ad esempio preparare una mezza maratona a ritmi abbondantemente sotto i quattro minuti al chilometro.
Insomma: per chiunque non abbia in mente una maratona, e non sia ossessionato dalla rotazione delle scarpe da corsa, le Saucony Ride 17 potrebbero addirittura essere l’unico modello cui affidarsi, da calzare per correre dalle ripetute brevi in pista sino a lunghi intorno ai venticinque-ventotto chilometri.
Saucony Ride 17 e Triumph
Come hanno già notato altri recensori prima di me, le Saucony Ride 17 si discostano di molto dalla versione precedente, la 16: si sono per così dire “triumphizzate”.
La mescola di Ride e Triumph, abbiamo già detto, è la stessa. Il differenziale delle Triumph supera quello delle Ride di appena due millimetri mentre il peso, udite udite, è di 9 grammi maggiore nelle Ride 17. Ma al di là dei dati, anche il comportamento dei due modelli, per me che li ho testati, è quasi sovrapponibile, con un lieve vantaggio in termini di morbidezza a favore della Triumph 20 (il modello 21 si discosta di poco dal precedente). Per cui, e semplificando un po’, possiamo dire che Triumph resta il punto di riferimento per tutti gli affezionati a Saucony che volessero preparare una gara regina, e le Ride 17 sono ad hoc per chi sta puntando a una mezza maratona con qualunque passo, o per chi voglia avere un solo paio di scarpe per svariate tipologie di allenamento.
Certo è che due tra i modelli più antichi e amati di Saucony hanno assottigliato la loro differenza. E a questo punto è legittima una domanda: se le Ride 17 si sono avvicinate alle Triumph, dove andranno queste ultime? Che novità dovremo attenderci? Sapremo tutto a luglio, mese in cui dovrebbero essere lanciate sul mercato le Triumph 22.
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