Premessa
Partiamo dal dato personale e meno importante: la mia Cortina-Dobbiaco Run è andata maluccio. Chissà in quali percentuali la prestazione sotto le aspettative sia da addebitare al caldo imprevisto, quanto alla quota e quanto a me (arrivato qui felicemente esausto dopo il lancio di Bed&Runfast).
Questo inizio di articolo non vuole essere una notazione narcisistica, ma l’esatto contrario: di solito, infatti, si descrive una gara in base a come la si è vissuta atleticamente.
Invece, voglio chiarirlo subito e a gran voce: il mio specifico risultato è stato mediocre, ma la Cortina-Dobbiaco è una gara di una bellezza mozzafiato, e credo che tutti i podisti dovrebbero correrla almeno una volta nella vita.
Prima
I luoghi in cui abbiamo corso non hanno bisogno di presentazioni: si tratta di uno dei paesaggi montani più incantevoli al mondo. Ma tutto, di questa gara, è come avvolto da una patina di magia, e restituisce ai partecipanti un senso di bellezza e serenità. Il village, allestito nel verde di Dobbiaco, è animato da una serie di volontari uno più solerte e cortese dell’altro, e ha il suo direttore d’orchestra in Gianni Poli, ideatore della Cortina-Dobbiaco, uomo di una cortesia e di una modestia imbarazzanti.
Già nella giornata di sabato il notevole caldo ha fatto rivedere al ribasso le aspettative di molti fra noi amatori, venuti qui per chiudere la stagione di gare e… riparlarne in autunno.
Questi fattori, assieme a un tracciato non facile e alla distanza inusuale di trenta chilometri (che, come Poli mi ha spiegato in questa intervista, svincola mentalmente da ansie da prestazione cronometriche), hanno reso l’atmosfera della domenica mattina più rilassata del solito. Con la mia amica Erica, arrivata da Milano, si è chiacchierato sulla navetta che ci ha condotti da Dobbiaco a Cortina, si sono compiuti i consueti rituali pre-partenza e ci si è salutati a una mezz’ora dal via, quando ciascuno ha raggiunto la propria griglia.
Noi della prima griglia, seguendo un pick-up, abbiamo zigzagato per il paese sino al gonfiabile della partenza, dove lo speaker ci ha dato la carica, ha presentato i top runner e ha lasciato doverosamente la parola a Gianni Poli per i saluti di rito; dopo di che si è partiti.
Durante
Tralasciando le mie scarse energie, che si sono palesate fin dai primi chilometri, cosa si può dire di un simile percorso? Dal punto di vista tecnico, si sale per quattordici chilometri e mezzo (in modo morbido ma costante) e per i restanti quindici e mezzo si scende: ci sono un paio di tratti davvero veloci, ma qualche saliscendi e alcuni punti in cui lo sterrato è più irregolare impongono comunque una condotta accorta per tutta la gara.
Condotta accorta che, come Gianni Poli e Fulvio Massini hanno ricordato nella presentazione dell’evento avvenuta il sabato sera, permette di godersi ancor meglio questo ambiente spettacolare: si passa per boschi, gallerie, ponti sospesi sul vuoto, si rasentano laghi dall’acqua sorprendentemente turchina e intorno al ventesimo chilometro si intravedono le Tre cime di Lavaredo. Ma un’elencazione delle bellezze che si incrociano non rende giustizia alla sensazione che si prova per tutta la corsa, e che ha avuto – almeno per quanto riguarda i podisti che hanno tenuto il mio passo – un palese riscontro in un dato: il silenzio.
Mi spiego meglio. Tradizione vuole che in ogni gara diversi amatori – almeno finché sono sorretti dal fiato – non solo chiacchierino, ma si lascino andare a frizzi, lazzi e urla belluine (secondo me per esorcizzare la paura della distanza). Ebbene: qui non è volata una mosca dall’inizio alla fine, perché la grazia maestosa della montagna ci ha ammaliati tutti.
Nella conferenza del sabato pomeriggio, l’unico atleta ad averla corsa in tutte e venti le edizioni ha definito la Cortina-Dobbiaco una sinfonia. Non so se egli sia o meno un musicologo, ma una sinfonia è un insieme armonico di diversi suoni, ed è proprio l’impressione di attraversare un’armonia naturale – e di farne parte! – a caratterizzare questa memorabile trenta chilometri.
Dopo
E dopo resta la malinconia di abbandonare luoghi fiabeschi, e una manifestazione che in tutti i suoi aspetti merita di essere vissuta e rivissuta. Nel mio caso sarà senz’altro così, perché vorrò tornare a prendermi la mia modestissima rivincita sportiva.
Ci rivedremo presto, Cortina-Dobbiaco. Tu, nel frattempo, non cambiare di una virgola!
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