Chiacchierata con Stefano Velatta

Già la chiacchierata telefonica era stata molto piacevole, tra aneddoti e sintonie. Quando poi, nelle battute finali, l’intervistato mi ha detto di abitare a poche centinaia di metri dalla sede di un’azienda che produce Ratafià, il liquore che dà il nome a una splendida canzone dell’amato Paolo Conte, beh, ho proprio gongolato. Ma andiamo con ordine.

Stefano Velatta

Le sintonie, dicevamo. Stefano Velatta (possiamo svelare subito il nome dell’intervistato, perché qui non ci sono delitti e assassini) nasce come me nel 1975, e ha un forte legame con la mia città natale, essendo tesserato per i Maratoneti Genovesi.

È stato lui a farne richiesta, per amore della città e del mare, e ovviamente – visto il suo livello atletico – la società ha accettato con entusiasmo. E così, quasi ogni settimana Stefano si ritrova tra le vie della Superba.

Appena iniziamo la telefonata, Stefano mi spiega che sta passeggiando col suo cane, un incrocio tra un border collie e un pastore biellese, che di solito corre con lui l’allenamento mattutino.

Visto che le chiacchiere, quando tra gli interlocutori c’è feeling, escono felicemente disordinate, mi tocca rivestire il ruolo di redattore e imporre al dialogo un minimo ordine cronologico. Stimolo perciò Stefano a raccontarmi di un’immagine bellissima che lo ritrae in una gara per lui fondamentale.

Stefano Velatta

Quella foto con Giorgio Calcaterra

La fotografia, che campeggia sul profilo Facebook di Stefano e che potete vedere qui nell’articolo, lo ritrae assieme a Giorgio Calcaterra. La gara è l’edizione 2017 dell’ultramaratona Scorrendo con il Liri, sulla distanza delle quaranta miglia.

Stefano si sofferma a lungo sulla gara. Qui, per motivi di spazio, dobbiamo sintetizzare al massimo i motivi che ne hanno fatto uno spartiacque per lui. Perché, in uno stato di grazia (e con un clima da film di Bergman, come si evince dalla foto), non solo Stefano ha gareggiato per sessanta chilometri assieme al proprio idolo sportivo, aspettandolo a ogni salita. Ma anche perché, nei sei chilometri finali, Velatta ha cambiato marcia, arrivando ben sei minuti prima di re Giorgio. La seconda posizione, e il plauso dello stesso Calcaterra durante le premiazioni, hanno simbolicamente introdotto Stefano (che già correva le ultra da due anni, con ottimi risultati soprattutto sulle sei ore) nel novero dei migliori ultramaratoneti in circolazione.

Le vittorie

E la consacrazione simbolica Stefano se l’è meritata tutta, perché da allora ha collezionato una serie di importanti vittorie. Tra le quali mi cita (quasi svagatamente, perché davvero il narcisismo non gli appartiene) quella alla prima edizione della Sorrento-Positano, sempre nel 2017, e due strettamente legate tra loro: quella dell’ultima edizione della Cento chilometri delle Alpi col percorso da Torino a Saint Vincent (2016), e quella della seconda edizione della medesima gara, ma col percorso da Torino a Foglizzo (2018).

Velatta si sarebbe aggiudicato comodamente anche l’edizione 2017, visto il vantaggio cospicuo che aveva sugli inseguitori, ma una crisi di crampi a pochi chilometri dall’arrivo lo ha costretto al ritiro.

Non mancano superbe prestazioni nelle sei ore di corsa, con una serie di vittorie ma pure col raggiungimento di distanze superiori agli 85 chilometri, sinonimo di prestazioni di livello mondiale.

Stefano mi racconta delle sue imprese tra una risata e l’altra, e mi spiega che – come tanti amatori di altissimo livello – ha un lavoro comune. Ed è quindi costretto a correre il primo allenamento poco dopo le cinque di mattina; e il secondo, che comincia nel tardo pomeriggio, talvolta lo tiene impegnato anche sino alle 23.

Mi confessa (con me, suo coetaneo, può farlo) che gli anni passano, e i tempi di recupero si allungano. Per cui, se prima quasi ogni giorno faceva il doppio allenamento, ora lo limita a due o tre volte a settimana.

L’integrazione

Chiudiamo, a proposito di recupero, con l’integrazione. Anche Stefano Velatta – come Lorenzo Lotti, che abbiamo intervistato qualche settimana fa – usa i prodotti Inkospor. Ed è convinto che ci sia una correlazione tra l’utilizzo costante degli integratori Inkospor e il miglioramento delle sue prestazioni.

Mi dice di assumere gel, barrette e quant’altro, ma nella sua strategia di integrazione sono fondamentali tre prodotti: le proteine in polvere, la glutammina e gli amminoacidi ramificati.

Chiudiamo la telefonata promettendoci che ci si vedrà a Genova. Lui mi porterà una bottiglia di Ratafià, io ricambierò con una del vino più celebre della regione in cui vivo, il Cannonau. Alla faccia degli integratori.



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Claudio Bagnasco
Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975. Suoi brani narrativi e saggistici sono apparsi su vari blog e riviste. Ha pubblicato alcuni libri, tra cui i romanzi "Silvia che seppellisce i morti" (Il Maestrale 2010) e "Gli inseguiti" (CartaCanta 2019), e la raccolta di racconti "In un corpo solo" (Quarup 2011). Ha curato il volume "Dato il posto in cui ci troviamo. Racconti dal carcere di Marassi" (Il Canneto 2013). Il 31 ottobre 2019 è uscito il suo saggio "Runningsofia. Filosofia della corsa" (il Melangolo, seconda edizione 2021). Con Giovanna Piazza ha ideato e cura il blog letterario "Squadernauti". Ha ideato Bed&Runfast, il punto d'incontro fra il mondo del podismo e quello delle strutture ricettive. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com. Dal 2013 abita a Tortolì, dove gestisce un B&B con la sua compagna, corregge testi, insegna le parole difficili a sua figlia e corre.