Accontentarsi

C’è una poesia, a dir la verità un po’ stucchevole al mio orecchio, scritta da Douglas Malloch.

Credo che sia piuttosto celebre, e i primi tre versi recitano: “Se non puoi essere un pino in cima alla collina, / sii una macchia nella valle, ma sii / la migliore, piccola macchia accanto al ruscello”. E via così: se non puoi essere albero sii cespuglio, se non puoi essere cespuglio sii filo d’erba eccetera.

No, cari lettori, non siete capitati per sbaglio nella nuova sezione Poesia di Moondo.

È che questo componimento didascalico ed enfatico mi è venuto in mente stamattina, dopo un allenamento che mi ha ricordato come – tra le altre virtù – alla mia età sarebbe il caso di includere anche l’accontentarsi. Proviamo a spiegare perché.

accontentarsi

Il mio allenamento

Del mio infortunio sapete già tutto, considerato il numero di volte in cui ve ne ho parlato.

Attualmente con il mio fisioterapista stiamo lavorando per far riacquistare maggior mobilità alla mia anca sinistra. Comunque. Dopo il massaggio di ieri pomeriggio, e l’individuazione di alcuni esercizi ad hoc per il problema che mi affligge, sono andato a dormire con un senso di leggerezza e fiducia che non provavo da un po’.

E stamattina avevo un allenamento non troppo impegnativo: cinque ripetute sui milleduecento metri con un recupero di quattrocento metri di buona lena.

Alle 7.15, con una luce ancora incerta, c’era un bel fresco e un’umidità ragionevole.

Insomma, ho svolto il mio allenamento con una concentrazione e un passo che non avevo da un po’, correndo l’ultima delle cinque ripetute a un ritmo vicino a quello che avrei potuto tenere in un periodo di buona forma fisica.

Quindi, soddisfatto? Sì e no. No se penso a come avrei corso un medesimo allenamento lo scorso anno, sì se penso che questo è l’allenamento meglio riuscito, più per amministrazione psicofisica che non per riscontro cronometrico, da qualche mese a questa parte.

Ed è qui che si insinua il verbo accontentarsi.

Accontentarsi

Accontentarsi, in generale, è verbo da rifuggire. In ogni ambito dell’esistenza, va da sé, ma limitiamoci al podismo. Se io mi sono preparato per correre una maratona in, poniamo, tre ore e quindici minuti, quando dovessi correrla in due tre e diciannove minuti avrei fallito. Questo fa di me un perdente, devo ritirarmi dal consorzio umano non prima di essermi fustigato sulla pubblica piazza?

Ma certamente no. Dovrei semmai analizzare la gara, capire i motivi del fallimento (limitato e transeunte, ma pur sempre fallimento) e cercare, la prossima volta, di non commettere gli stessi errori.

Se però io sto preparandomi per correre una maratona in tre ore e quindici minuti, e durante la preparazione vengo azzannato a un polpaccio da un Dobermann, divorzio, perdo il lavoro e scopro che il mio migliore amico mi ha rubato le posate d’argento, beh, il discorso cambia.

E non dovrò sentirmi avvilito se riuscirò a correre la maratona in tre ore e trenta minuti.

Ecco, accontentarsi. Accontentarsi è, dopo aver valutato il periodo, e il momento, che si stanno vivendo, saper accettare il massimo che può derivare da quel determinato periodo e da quel determinato momento. Confidando in tempi migliori, ma non dimenticando che ce ne potranno essere di peggiori.

Senza troppo crogiolarsi, però. Ovvero senza ripetersi la menzogna che questo è il massimo che in assoluto si sarebbe potuto auspicare. Ma nemmeno istituendo deprimenti paragoni con altre fasi della vita (che spesso nella memoria ci appaiono migliori di come sono state) in cui le cose filavano tutte per il meglio e avevamo tempi da campione olimpico.

Insomma: il mio allenamento di stamattina mi ha soddisfatto. Non sono stato un pino e forse nemmeno un cespuglio. Un filo d’erba, ecco. Ma perché, come dice la poesia, avrei dovuto essere il miglior filo d’erba? Sono stato un filo d’erba tra i tanti, e sono stato bene.



Siamo una giovane realtà editoriale e non riceviamo finanziamenti pubblici. Il nostro lavoro è sostenuto solo dal contributo dell’editore (CuDriEc S.r.l.) e dagli introiti pubblicitari. I lettori sono la nostra vera ricchezza. Ogni giorno cerchiamo di fornire approfondimenti accurati, unici e veri.
Sostieni Moondo, sostieni l’informazione indipendente!
Desidero inviare a Moondo una mia libera donazione (clicca e dona)

GRATIS!!! SCARICA LA APP DI MOONDO, SCEGLI GLI ARGOMENTI E PERSONALIZZI IL TUO GIORNALE



La tua opinione per noi è molto importante.
Commento su WhatsApp Ora anche su Google News, clicca qui e seguici



Potrebbe interessarti anche:
Claudio Bagnasco
Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975. Suoi brani narrativi e saggistici sono apparsi su vari blog e riviste. Ha pubblicato alcuni libri, tra cui i romanzi "Silvia che seppellisce i morti" (Il Maestrale 2010) e "Gli inseguiti" (CartaCanta 2019), e la raccolta di racconti "In un corpo solo" (Quarup 2011). Ha curato il volume "Dato il posto in cui ci troviamo. Racconti dal carcere di Marassi" (Il Canneto 2013). Il 31 ottobre 2019 è uscito il suo saggio "Runningsofia. Filosofia della corsa" (il Melangolo, seconda edizione 2021). Con Giovanna Piazza ha ideato e cura il blog letterario "Squadernauti". Ha ideato Bed&Runfast, il punto d'incontro fra il mondo del podismo e quello delle strutture ricettive. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com. Dal 2013 abita a Tortolì, dove gestisce un B&B con la sua compagna, corregge testi, insegna le parole difficili a sua figlia e corre.