Cari podisti, cari sportivi: bentrovati. Dopo qualche incursione in altre discipline, rieccomi tornato a casa, a parlarvi di corsa. E più nello specifico, di un libro uscito nell’agosto del 2020, e che da allora mi segue. Nel senso che ho letto diverse recensioni e commenti che lo riguardano, tra cui quella dell’amico Cesare Picco, generosamente (e giustamente) citato nell’opera in quanto autore di Stress & performance atletica, da noi recensito due anni fa.
Chi è Daniele Lucchi
Rompiamo gli indugi. Il libro in questione è Run. Corsa e performance. Libro 1: scienza, fisiologia, teoria dell’allenamento, scritto da Daniele Lucchi e pubblicato in proprio (scelta su cui torneremo).
Daniele Lucchi è tecnico FIDAL e FITRI, specializzato nel fondo e nel mezzofondo nonché nel lavoro di forza funzionale all’endurance. Collabora con diverse aziende e team di professionisti su vari argomenti intorno a sport e motivazione, e ha fondato Officina Sperimentale Asd.
È sufficiente, poi, sbirciare un paio di minuti di un qualunque suo video reperibile in rete, per saggiarne l’affabilità e la simpatia (velata, addirittura, da una certa timidezza). Anche quando Lucchi ci espone con dovizia di particolari argomenti scientifici con un vastissimo corredo bibliografico che li sostiene, sembra sempre strizzarci l’occhio e dire: io ve lo spiego bene, ragazzi, però voi ricordatevi sempre che stiamo parlando solo di corsa.
Cos’è Run. Corsa e perfomance. Libro 1
Non mi sono soffermato sulla figura di Daniele Lucchi per gusto dell’investigazione poliziesca, che non mi appartiene. Ma perché il suo libro corrisponde esattamente a quel po’ che posso avere capito dell’autore.
Run. Corsa e perfomance. Libro 1 è infatti un volumone (350 pagine in formato A4) zeppo di argomenti trattati tutti in modo approfondito, con disegni, grafici, tabelle a corredo, e fitti rimandi a pubblicazioni su ogni specifico argomento.
Ma, quasi come contrappeso a tanta teoria (esposta tra l’altro sempre con grande chiarezza, direi con grande pazienza), c’è lo stile di Lucchi, ironico e dissacrante, che non rinuncia ad avvisare – prima di determinate sezioni – che si tratta di parti piuttosto dense, e potenzialmente ostiche per qualcuno.
Invece la nostra lettura è scivolata via agevole: si comincia parlando di muscoli, sistemi energetici, lattato e respirazione; un capitolo è incentrato sull’importanza della percezione della fatica. E proprio la fatica, a cui sono dedicati due capitoli, nella sua duplice dipendenza da fattori mentali e fisici accompagna il lettore dalla prima alla seconda parte del libro, dove il discorso si fa più pratico. E si disquisisce – tra le altre cose – di biomeccanica, economia di corsa, sovrallenamento e stimoli allenanti, con un’appendice sull’alimentazione curata dalla dottoressa Martina Spinella.
Durante la lettura ho preso molti appunti. Per motivi di spazio, non è qui possibile approfondire nessuno degli svariati argomenti che Daniele sviscera con precisione chirurgica, estrema intelligenza e altrettanto buon senso.
Basti una breve citazione, riferita all’ansia di molti (troppi) podisti amatori di ricercare maniacalmente la tecnica di corsa perfetta. Col rischio di snaturare la propria postura, acquisita in anni o magari decenni di allenamenti e gare. Leggiamo a p. 179: “In sostanza, ripeto: non ci si deve concentrare sul cambiamento repentino di un gesto, ma sulla sua evoluzione attraverso la modifica graduale delle qualità che lo regolano. Per farlo è necessario favorire i lavori che possono naturalmente portare beneficio e regolarli con giudizio all’interno di un programma di allenamento adatto al proprio stato atletico. Non si corre pensando a come lo si fa. Siate voi stessi, andrà benone”.
Conclusioni
La frase appena citata può funzionare da paradigma del libro, ma anche di un approccio alla corsa che per noi è l’unico sensato.
La corsa (come ho scritto nel mio volume dedicato all’argomento, se mi concedete questa fulminea autocitazione) è una pratica serissima, che si rivolge alla nostra natura più profonda e primigenia. Per cui è giusto ascoltare fratelli maggiori come Daniele Lucchi, che sull’argomento sono più edotti di noi.
Ma la corsa ha anche rovinato un vastissimo numero di famiglie, in cui il podista che ne fa parte a un certo punto ha iniziato a confondere lo sport amatoriale con la vita. Le endorfine, si sa, tirano brutti scherzi.
Per cui, consigliamo la lettura di Run. Corsa e perfomance. Libro 1 per ben due motivi: perché è un manuale completissimo, tanto rigoroso quanto piacevole; e perché riporta sulla Terra i corridori che riversano nella pratica podistica una dedizione che smette di essere virtuosa e trascende nell’ossessività.
Vi sono debitore di un appunto, l’unico che mi sento di fare al libro. Si tratta di un’autopubblicazione, e chi scrive – non privo di esperienza nel mondo dell’editoria – ritiene le autopubblicazioni (e ancor peggio, assai peggio, le pubblicazioni presso editori a pagamento) nocive per la filiera editoriale.
A p. 18 Daniele Lucchi spiega con grande cordialità ed equilibrio i motivi della sua scelta, ma sono convinto che un lavoro simile non avrebbe faticato a trovare accoglienza nel catalogo di un buon editore.
Daniele: se ci fossimo conosciuti prima ti avrei dato una mano!
Ma siamo comunque felici che il libro sia stato scritto, e attendiamo con trepidazione il secondo volume.
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