Chi scrive queste righe vi parla settimanalmente di gare podistiche (bel ricordo, vero?), materiale tecnico, libri sul running o più in generale sullo sport e sull’etica sportiva, prodotti alimentari e integratori per chi pratica l’endurance, eccetera.
Ma non dimentica di essere il padre di una bambina di otto anni, e soprattutto non può dimenticare il suo passato di calciatore; ho scorrazzato per i campi della mia Genova direi dai nove ai quindici anni, sottoponendomi a tutto il ventaglio di emozioni e situazioni possibili: vittorie gloriose, sconfitte umilianti, gesti cavallereschi di cui sono stato soggetto od oggetto, furberie patite e fatte patire, risse in campo tra noi ragazzacci e – purtroppo – sugli spalti, tra i genitori meno avvezzi alla convivenza civile.
Lo sport per i giovani e giovanissimi è tanto importante quanto delicato, per una serie di motivi che investono l’ambito fisico, quello psicologico e quello sociale. Gli adulti che a diverso titolo – genitori, allenatori, insegnanti – accompagnano bambini e ragazzi nell’attività sportiva è bene che sappiano un certo numero di cose e, prima di tutto, si guardino dal commettere una serie di errori.
Vivere lo sport per crescere sereni
Proprio del fondamentale ruolo ancillare degli adulti nello sport dei ragazzi ci parla Isabella Gasperini, psicologa dello sport e psicoterapeuta, nel prezioso e appassionato Vivere lo sport per crescere sereni, dato alle stampe da FrancoAngeli nell’ottobre del 2020 con l’eloquente sottotitolo Tutto quello che c’è da sapere per sostenere piccoli sportivi.
Sostenere dunque i giovani, non sostituirsi a essi, perché si sa: uno dei peccati originali dei genitori è quello di negare l’autonomia dei figli, percepirli come un prolungamento di sé e di conseguenza caricarli di aspettative e speranze frustrate a suo tempo dai genitori stessi (ed ecco che le penose, quanto frequenti, risse sugli spalti tra papà di calciatori in erba appaiono subito meno incomprensibili).
Il volume, al contrario, mette in primo piano i desideri dei bambini, spiegati con cura e suddivisi per fasce di età, in un ventaglio che va dai tre anni alla preadolescenza.
Con tono cordiale e grande chiarezza, l’autrice si rivolge a tutti i mediatori adulti, con l’auspicio che cooperino all’istituzione di un ambiente sereno e ragionevolmente competitivo.
Si danno consigli comportamentali anche pratici, come ad esempio quello di comunicare con i bambini all’insegna della schiettezza, poiché una discrepanza tra ciò che si dice e ciò che si prova verrebbe immediatamente intercettata.
Ci sono poi passaggi di semplice ma indubitabile saggezza, come il seguente: “Bisogna provare a rendersi conto che la cosa prodigiosa è trovarsi lì, in quel momento, ad osservare un figlio in grado di poter svolgere un’attività sportiva, quindi autonomo a livello motorio, capace di comprendere le spiegazioni dell’istruttore e di socializzare con gli altri”, p. 35.
Un intero capitolo, il quarto, è dedicato alle esigenze emotive dei giovani sportivi età per età, nonché ai possibili obiettivi didattici, e si chiude con una frase illuminante: “Un genitore che non riconosce i limiti del figlio e ha l’abitudine di concentrarsi sulla performance di altri non fa che rinforzare nel proprio bambino la brutta abitudine di spostare l’attenzione altrove, invece di imparare da una sana autocritica”, p. 78.
I capitoli successivi approfondiscono il ruolo rispettivamente dell’istruttore sportivo, del genitore e dello psicologo dello sport. L’ottavo capitolo è ricco di utili suggerimenti per favorire il corretto approccio allo sport da parte dei bambini particolarmente ansiosi, mentre il nono e ultimo si occupa dell’importanza dello sport come impareggiabile medicina contro lo stress, con una bella pagina critica nei confronti dell’iperportezione e una non banale chiusura (validissima anche per gli adulti) in cui lo sport si coniuga con la mindfulness.
Speriamo che, dopo aver letto Vivere lo sport per crescere sereni, molti genitori possano imparare a seguire con la dovuta serenità e distanza il proprio figlio sportivo, e altrettanti sportivi amatoriali adulti, immersi nel mito della competitività, smettano… di comportarsi da bambini.
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