Fascino, mistero e filosofia del calciobalilla

Cominciamo col dire che l’estensore di questo articolo, in gioventù, ha giocato con una certa frequenza a ping pong. Ed era diventato fin bravino, rispetto alla media dei coetanei.

Forse per questo ha sempre badato poco ad altri giochi quasi immancabili nei luoghi di ritrovo dei ragazzi. Forse per questo ha sempre guardato con sospetto, ma sarebbe più corretto parlare di rispetto non disgiunto da un certo timore, a quell’oggetto curioso, ingombrante, rumoroso e amabilmente démodé che tanto spazio rubava e ruba in una quantità di bar: il calciobalilla.

Questo mio atteggiamento, bisogna confessare più prosaicamente, derivava dal fatto che non ho mai imparato a giocare a calciobalilla (alias biliardino, alias calcetto) in modo dignitoso. E quindi ho quasi sempre fatto parte – quando le serate erano già più che avviate, e il livello alcolico iniziava a decollare – di coloro che attorniano i giocatori per fare il tifo o prendere bonariamente in giro.

E siccome comincio ad avere l’età giusta per fare i conti con paure e imbarazzi della gioventù, ho affrontato con grande curiosità la lettura di Filosofia del calciobalilla, uscito il 9 settembre per il melangolo e scritto da Andrea Viola (di cui qui abbiamo già recensito Bikesofia. Filosofia della bicicletta).

Filosofia del calciobalilla

Filosofia del calciobalilla

Durante la lettura del volumetto di Andrea Viola ho sperato di far luce sul calciobalilla, e magari sul mio ambiguo rapporto con esso, ma una volta arrivato in fondo mi sono sentito fregato.

Piacevolmente fregato, intendiamoci. Perché l’autore non solo non fa nulla per chiarire gli aspetti più misteriosamente affascinanti di questo sport (giacché il calciobalilla è uno sport, come vedremo). Ma anzi, Viola sottolinea proprio come la sua immutabile capacità di far presa derivi proprio, forse, dai suoi enigmi.

Non abbiamo certezze, per cominciare, su quando nacque. L’ipotesi più accreditata indica in Alexander Campos Rarmirez (in arte Alejandro Finisterre) il suo inventore. Il futbolìn, che fa la sua comparsa in piena guerra civile spagnola, viene brevettato a Barcellona nel 1937. E fonti orali, chissà quanto attendibili, narrano di una partita a calciobalilla tra il suo ideatore – strenuo antifranchista – ed Ernesto “Che” Guevara.

Inghilterra, Germania e Francia, tuttavia, contendono il primato dell’invenzione al leggendario Alejandro.

Segue una minuziosa descrizione dell’oggetto, un “piccolo capolavoro dell’ingegneria che fa sognare e divertire milioni di persone” (p. 2)1. Andrea Viola aveva fatto lo stesso nel volume dedicato alla bicicletta: la vivisezione delle singoli componenti là del mezzo, qua del gioco, non servono a renderci più edotti sul loro funzionamento ma semmai ne potenziano l’aura di strumento proveniente da latitudini ignote e probabilmente oltreumane.

Il calciobalilla aumenta il suo mistero quando Viola ne indaga l’etimologia: quel “Balilla” deve riferirsi al nomignolo del patriota genovese Giovan Battista Perasso, passato poi a identificare l’organizzazione giovanile fascista? O deriva dal genovese, e va inteso come diminutivo di palla?

Chi lo sa? E, a questo punto, chi vuole saperlo?

Un capitolo del libro è poi dedicato alle regole del gioco. Impariamo così che la Lega Italiana Calciobalilla riconosce tre specialità: Volo, Tradizionale e Roller ball. Di cui l’autore analizza le specificità con piglio da esperto e vivacità da appassionato.

Scopriamo quindi che esistono tornei di calciobalilla di qualunque livello agonistico: da quello tra gli avventori di uno specifico bar (ma questo lo sapevamo già) ai campionati mondiali.

Scopriamo inoltre che il calciobalilla, pur derivando dal football, non ne eredita certo il giro d’affari: a p. 52 si legge che il commissario tecnico della nazionale italiana, Roberto Giovannini, per mestiere consegna le bibite nei bar (così nel frattempo, permetteteci la battuta affettuosa, ha modo di scovare nuovi talenti).

Vengono indicate tre date che consacrano il calciobalilla. Che nel 2011 viene adottato come sport therapy nei principali ospedali italiani, nel 2013 diventa disciplina paralimpica e nel 2016 sport a tutti gli effetti.

Ma Andrea Viola, che non dimentica la natura democratica del calciobalilla, non intende certo concludere il suo volumetto con una cronistoria degli allori di questo gioco-sport.

E così, nel capitolo finale, indulge in un romantica carrellata dei suoi principali antagonisti a biliardino. Che come lui frequentano un ben noto bar del centro storico di Genova. E che come lui animano quei ventidue omini, undici blu e undici rossi, i quali “sono il simbolo dell’amicizia. Perché? Non si sono mai guardati male”, p. 58.



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Claudio Bagnasco
Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975. Suoi brani narrativi e saggistici sono apparsi su vari blog e riviste. Ha pubblicato alcuni libri, tra cui i romanzi "Silvia che seppellisce i morti" (Il Maestrale 2010) e "Gli inseguiti" (CartaCanta 2019), e la raccolta di racconti "In un corpo solo" (Quarup 2011). Ha curato il volume "Dato il posto in cui ci troviamo. Racconti dal carcere di Marassi" (Il Canneto 2013). Il 31 ottobre 2019 è uscito il suo saggio "Runningsofia. Filosofia della corsa" (il Melangolo, seconda edizione 2021). Con Giovanna Piazza ha ideato e cura il blog letterario "Squadernauti". Ha ideato Bed&Runfast, il punto d'incontro fra il mondo del podismo e quello delle strutture ricettive. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com. Dal 2013 abita a Tortolì, dove gestisce un B&B con la sua compagna, corregge testi, insegna le parole difficili a sua figlia e corre.