Oggi parlo di me ma non per il piacere vanitoso di parlare di me.
Inizio parlando di me, di una cosa bella che mi è capitata la sera di mercoledì 27 luglio, e di un paio di cose meno belle, della serata, su cui ho riflettuto.
Per evitare che l’articolo sembri un malcelato spot pubblicitario, sappiate solo che mercoledì 27 luglio ero da qualche parte in Italia a parlare di un libro che ho scritto e del podcast che, in un certo senso, è scaturito da quel libro. Va anche aggiunto che libro e podcast parlano di corsa. O meglio, parlano anche, anzi soprattutto, di corsa. Ma, inoltre, usano la corsa per parlare d’altro.
No, non è vero. Siccome per me la corsa è anche, se non soprattutto, altro (altro rispetto allo zampettare sino ad aver completato l’allenamento o la gara), diciamo che libro e podcast parlano di corsa. Di ciò che intendo io per corsa, di ciò che è per me la corsa.
Comunque. Mercoledì 27 luglio ho passato una serata molto bella, salvo due piccole cose tra loro antitetiche, siccome hanno a che fare una con la distrazione e l’altra con la concentrazione.
Ma partiamo dalle cose belle.
Mercoledì 27 luglio: le cose belle
Ah, le cose belle della serata sono state tante. La compagnia, le risate, la mini gita (tra le altre mie occupazioni, gestisco un B&B, dunque ogni minimo spostamento estivo mi sembra un sogno). E poi il piacere di vedere volti amici e volti nuovi interessati alla corsa.
Mi sono anche sorpreso e quasi emozionato, a distanza di mesi dall’ultima volta, nel ritrovarmi a parlare di corsa in pubblico. C’era addirittura una temperatura gradevole: meglio di così, non sarebbe potuta andare. O sì?
Mercoledì 27 luglio: distrazione e concentrazione
Ma sì, le cose potrebbero sempre andare meglio (e quasi sempre andare peggio) di come vanno.
Due sono le cose che ho notato, e che mi hanno fatto storcere un po’ il naso. Una è stata una certa distrazione di un paio di persone – forse qualcuna in più – tra il pubblico. Costoro hanno chiacchierato per tutto il tempo, dopo essersi peraltro piazzate in una delle prime file. Le considerazioni che ho fatto tra me e me sono state almeno tre. La prima: perché, se la necessità è chiacchierare e non assistere a una presentazione (di cui evidentemente importa poco), si presenzia ugualmente? La seconda è stata la risposta alla prima: perché immagino che per alcuni ciò che conta è non farsi mancare l’evento mondano di turno, anziché andarci per reale interesse. La terza: quanto siamo disabituati a mantenere desta la concentrazione, perbacco! E non credo (civetteria in arrivo) che sia colpa mia e del mio relatore, entrambi piuttosto avvezzi a parlare in pubblico.
Distrazione e concentrazione, dicevamo. Perché alla polarità opposta si colloca come un eccesso di concentrazione, che ho notato, e che stavolta riguarda la corsa.
Prima e dopo la presentazione ho chiacchierato con diverse persone, alcune che avevano letto il libro o ascoltato il podcast, altre curiose di saperne di più. Inevitabilmente, molte di loro correvano. E nella quasi totalità dei casi, questi (amabilissimi) individui hanno sentito doveroso dirmi delle loro prestazioni, includendo i risultati cronometrici. In un eccesso, appunto, di concentrazione su di sé.
Quanta strada dobbiamo ancora fare, noi tutti che scriviamo e parliamo di corsa, per far comprendere come l’aspetto per così dire orizzontale (quanto si impiega a percorrere una determinata distanza) dovrebbe essere la preoccupazione dei soli professionisti!
Noi amatori, più o meno forti, dovremmo piuttosto concentrarci sull’aspetto per così dire verticale. Scoprire quanto profondamente possiamo conoscere il nostro nucleo più intimo grazie alla corsa.
Dovessi pensare alle due cose assieme, distrazione e concentrazione, non so se potrei trarne una morale della favola. Forse, distrarsi alle presentazioni e spiattellare i propri risultati sportivi sono due modi di anteporre sé al prossimo, di rifiutare la dimensione del dialogo a favore di un soddisfacimento dei propri bisogni.
O forse, più semplicemente, questo articolo è uscito composito e strampalato. Ma col caldo che fa, è davvero il massimo che avreste potuto aspettarvi da me. E il massimo che io avrei potuto aspettarmi dal 27 luglio.
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