In questo periodo complicato per tutti, non credo che la variegata categoria dei podisti debba sentirsi in colpa se si dichiara un poco più colpita degli altri. Il fatto è che, oltre alle ripercussioni lavorative, sociali e psicologiche derivate dalla pandemia, noi runner abbiamo dovuto anche (ecco il punto: anche, in aggiunta alle privazioni che ci hanno colpito come hanno colpito chiunque) rinunciare in un primo momento a correre. E poi, oggi che possiamo quanto meno allenarci in solitudine, a gareggiare.
Chi non corre non sa cosa significhi, per un podista, pianificare e organizzare una maratona, o altra gara, in giro per l’Italia o per il mondo. È un’occasione per coniugare viaggio e sport, per trovare un delicatissimo equilibrio tra le esigenze familiari e quelle individuali.
(Bugia tremenda, a cui non dovete credere nemmeno per un istante: i corridori scelgono una gara in base a quanto è veloce il percorso e, tutt’al più, in base all’economicità del viaggio, della permanenza e del pettorale. Correre una maratona a Parigi o su e giù per le zone industriali della città più mefitica al mondo non fa alcuna differenza: in entrambi i casi, l’unico paesaggio in cui ci percepiamo immersi è quello della nostra fatica).
Corse leggendarie in tutto il mondo
Ovunque stia la verità riguardo al binomio gare-viaggi, in questo periodo nel quale non abbiamo la possibilità di muoverci per correre, noi podisti dovremmo accogliere con gioia infantile il volume dato da poco alle stampe da EDT, che ha avuto la sfortuna di uscire nell’aprile del 2020: Corse leggendarie in tutto il mondo. Stiamo parlando di una guida Lonely Planet di grande formato, contenente numerose e bellissime fotografie, che concorreranno ad acuire la nostra malinconia.
Il volume è composto da cinquanta appassionanti racconti di gare, e relativi viaggi, scritti da runner professionisti o comunque da atleti evoluti. Capaci, quindi, di farci rivivere appieno lo spirito di ciascuna competizione. I resoconti, suddivisi per continenti, sono scelti per il loro carattere in qualche modo esemplare (per difficoltà, bellezza o per la mitologia costruita attorno a essi), e a conclusione di ogni testo ci sono tre consigli podistici di gare che gli sono affini.
Un esempio concreto e vicino a noi: il pezzo dedicato al Sentiero degli Dei sulla Costiera Amalfitana è impreziosito da tre suggerimenti su altrettante “evasioni mediterranee”, come si legge a p. 200: e cioè le cinque Terre in Liguria, il Golfo di Orosei in Sardegna e Cabo de Gata in Spagna.
Nel libro vi attendono itinerari vicinissimi e altri esotici, più o meno famosi e – cosa non banale – più o meno difficili, con tanto di segnalazione al riguardo: nel sommario si trova infatti, accanto al nome di ogni gara, l’icona di una scarpetta da running di tre differenti colori, a indicare rispettivamente (cito) un percorso “facile”, “difficile” o “epico”.
Corse leggendarie in tutto il mondo ha il grande pregio di aver saputo intercettare il mutamento epocale che ha investito l’universo del running in questi ultimi anni, come si legge nelle righe iniziali dell’introduzione: “Correre oggi è assai più che un esercizio fisico. Le maratone non sono più soltanto un fenomeno per fanatici e la corsa ha generato una subcultura dinamica e variegata”, p. 6.
Il volume è bellissimo da leggere e altrettanto bello da guardare. E può fungere sia da terapia momentanea per la nostra solitudine che da ventaglio di spunti per il futuro, quando noi tapascioni di tutto il pianeta potremmo ritrovarci sotto il prossimo gonfiabile, a tentare inutilmente di nascondere la tensione dietro a un sorriso, e a chiederci come potremmo mai mantenere la promessa fatta al nostro partner, che ha organizzato per noi un fittissimo tour per il pomeriggio della gara. Mentre noi, lo sappiamo già, desidereremo soltanto restare sdraiati a massaggiarci le gambe doloranti ripensando a ogni metro della nostra avventura.
Buone corse, buona lettura e – almeno per ora – buoni sogni a occhi aperti.
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