Correre nel vento

Stefano Frascoli è un giovane e valente mezzofondista veloce, nonché tra gli animatori della Gang degli atleti disagiati, sito Internet (con relativa, seguitissima pagina Facebook) che parla di atletica in modo scanzonato – seppur rigoroso – e con una lodevole disattenzione nei confronti del politically correct; dico lodevole perché troppi di noi amatori, anche se dalle doti atletiche approssimative, tendono a prendere eccessivamente sul serio se stessi e lo sport che praticano.

Il libro. Come è fatto

Correre nel vento

Ma Stefano Frascoli è anche autore di Correre nel vento. Racconti di atletica leggera, uscito nel 2016 per Effegiemme. Si tratta, appunto, di quarantasei racconti-omaggio all’atletica leggera: sono narrazioni brevi o brevissime, che talvolta appaiono nell’intrigante veste di insieme di microtesti dal taglio quasi aforistico, raggruppate in quattro sezioni. Ciascuna delle quali, omaggio nell’omaggio alla disciplina forse preferita dall’autore, corrisponde a una delle quattro porzioni di duecento metri di cui si compone una gara sugli ottocento.

Nella prima parte, dunque, appaiono i racconti maggiormente proiettati nel futuro, dominati dalla speranza (e magari dall’illusione). Se nella seconda parte fa capolino la fatica, nella terza – ci troviamo fra i quattro e i seicento metri – domina il dolore, talvolta sotto sembianze concrete, altre presentato su un piano metaforico (l’ombra del doping, lo spettro dell’abbandono dell’attività agonistica…). L’ultima sezione, ovvero gli ultimi duecento metri, è quella in cui inevitabilmente il destino si rovescia in presente, e dà compimento alla parabola – sportiva e umana – dei protagonisti.

Il libro. Come è scritto

Nel panorama fin troppo nutrito di volumi sul – o intorno al – podismo, il libro di Frascoli occupa una posizione particolare: è l’unico caso che io ricordi, almeno in lingua italiana, di ciò che si potrebbe definire narrativa sull’atletica. L’ottimo A perdifiato di Mauro Covacich non rientra nella categoria, perché lì la corsa è elemento funzionale alle vicende esistenziali di diversi protagonisti.

Qui invece siamo davanti a un atto d’amore verso la pratica podistica, che innerva di sé ogni frase di Correre nel vento; amore di cui Stefano Frascoli non nasconde nemmeno il lato vagamente ossessivo.

Sono racconti di diversa lunghezza e respiro. Diciamolo: i brani più lunghi sono quelli che ci hanno convinto meno. La sensazione è che nelle narrazioni più ampie l’autore maneggi con un certo compiacimento la letteratura (si sentono echi di Buzzati e Dürrenmatt) e lo stile, tuttavia non sempre mostrando un sicuro governo della pagina, e facendo risuonare come un po’ pretestuose alcune vicende.

Più avvincenti e vere ci sono sembrate le storie minime (caro Frascoli, si rassegni: il suo destino è la distanza breve, nella corsa come nella scrittura), dove l’assenza di artifici retorici crea un rapporto frontale fra il lettore e la pagina; fra il lettore e, diremmo se stessimo commentando una gara podistica, il gesto atletico, che risalta proprio nei racconti più asciutti, per l’assenza di sfondo e divagazioni.

Suggestiva, ad esempio, la figura del vecchio campione tratteggiata ne “Il nido del falco” (p. 69), o impietoso il ragionamento fatto in “Dolce illusione” (p. 116), dove in poche righe è spiegato senza fronzoli chi potrà o non potrà essere un futuro grande corridore.

Ed è affettuosa, in “Ottocento, ultima batteria” (p. 173), la trasposizione delle ansie che tutti noi amatori, a prescindere dal nostro valore, abbiamo prima di una competizione, col relativo campionario di frasi-feticcio. È con una di queste frasi che chiudiamo la recensione a un volume che certamente – per passione, onestà e qualità di molte sue pagine – si ritaglia un posto speciale nell’affollata produzione editoriale di libri sull’atletica: “La pressione era alle stelle ed io, visibilmente teso, un secondo prima dello sparo chiesi a quel signore dallo sguardo fiero, che di estati sicuramente ne aveva viste passare più di me: «Che tempo hai?»”.



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Claudio Bagnasco
Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975. Suoi brani narrativi e saggistici sono apparsi su vari blog e riviste. Ha pubblicato alcuni libri, tra cui i romanzi "Silvia che seppellisce i morti" (Il Maestrale 2010) e "Gli inseguiti" (CartaCanta 2019), e la raccolta di racconti "In un corpo solo" (Quarup 2011). Ha curato il volume "Dato il posto in cui ci troviamo. Racconti dal carcere di Marassi" (Il Canneto 2013). Il 31 ottobre 2019 è uscito il suo saggio "Runningsofia. Filosofia della corsa" (il Melangolo, seconda edizione 2021). Con Giovanna Piazza ha ideato e cura il blog letterario "Squadernauti". Ha ideato Bed&Runfast, il punto d'incontro fra il mondo del podismo e quello delle strutture ricettive. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com. Dal 2013 abita a Tortolì, dove gestisce un B&B con la sua compagna, corregge testi, insegna le parole difficili a sua figlia e corre.