Come ormai detto e ripetuto, questa rubrica settimanale sta abbandonando sempre più le vesti di bollettino del podista per diventare un appuntamento sfaccettato sul mondo sportivo, specie sulle pubblicazioni che in questo ambito abbiano dignità letteraria.
Lo sport di cui si parla oggi è percepito da chi scrive con una mistura di infantile ammirazione e sgomento, avendo egli un’acquaticità vicinissima allo zero. Tuttavia, c’è in comune con la corsa, e nello specifico nella corsa sulle lunghe distanze, l’immersione (qui fuor di metafora) in una dimensione altra dal mondo, una sospensione del consueto rapporto con la spazialità e addirittura con sé: “Con la giusta concentrazione, ci siamo solo io e la gara, tu e il tuo obiettivo; corpo e mente sono pronti a cimentarsi, mentre tutto il resto svanisce”, si legge a p. 88.
Stiamo parlando dell’apnea. E più nel dettaglio, di una curiosa scelta editoriale. Abbiamo prima accennato a recenti uscite di libri sullo sport con dignità letteraria. Ebbene: il volume di cui vi diamo brevemente conto nelle prossime righe, Apnea, è l’autobiografia che Alessia Zecchini ha scritto con il contributo di Giulia Poerio. E che è uscito nel giugno del 2021 per il Saggiatore, a testimonianza dell’attenzione crescente degli editori più raffinati verso le discipline sportive anche meno esposte ai riflettori.
Chi è Alessia Zecchini
A raccontare di sé è una ragazza nata a Roma nel giugno del 1992 che, molto semplicemente, ha già vinto più o meno tutto ciò che avrebbe potuto vincere a livello mondiale.
Ha detenuto e detiene diversi record del mondo (in svariate discipline e sotto l’egida di più federazioni), di cui vale la pena citarne almeno due, particolarmente cari all’atleta: i -104 metri in assetto costante nella competizione del Vertical Blu, ottenuti nel maggio del 2017 nell’isola Long Island, alle Bahamas (poi migliorati dalla stessa Alessia, che con monopinna riuscirà a giungere sino a -113 metri); e i -73 metri in assetto costante senza pinne, che risale all’anno successivo.
Specie il record del 2017 è scaturito da un’entusiasmante sfida all’ultimo metro con l’apneista giapponese Hanako Hirose.
Il libro
Il sottotitolo del volume, Viaggio nelle profondità del corpo e dell’oceano, ne spiega bene la doppia anima.
Apnea è infatti il resoconto appassionato di uno straordinario talento, e della volontà mai doma di chi lo possiede di spenderlo senza riserve. Anzi, l’istinto di tuffarsi – in generale – sembra proprio essere il demone della Zecchini; che, ad esempio, racconta con garbata autoironia della sua tendenza insopprimibile a cadere dal motorino (procurandosi in più occasioni alcune fratture).
D’altro canto, il libro è anche la storia di una ragazza che ama il suo mestiere e tutto ciò che lo circonda, e che pare davvero poco incline all’indulgenza verso di sé. Non solo per la sua abnegazione continua verso le profondità, ma anche per una certa propensione a raccontarsi senza riserve.
Dagli anni giovanili, in cui per motivi di sicurezza ai ragazzi minorenni è stato inibito di competere ai massimi livelli, alla scoperta di un’anomalia cardiaca che per un certo periodo le ha dato una non piccola apprensione.
Ma soprattutto – chi se lo sarebbe aspettato da un’atleta di primissimo livello impegnata strenuamente in uno sport a suo modo estremo? – c’è la confessione di un rapporto a lungo problematico col proprio corpo, che si è manifestato in episodi di bulimia.
Neppure mancano gli accenni a momenti dolorosi, come la prematura scomparsa nel 2017 del coach (e safety internazionale) Stephen Keenan.
Si scopre, leggendo Apnea, che immergersi nelle profondità marine restituisce le medesime sensazioni della corsa sulle lunghe distanze: si ristabilisce il corretto rapporto tra sé e il mondo. Tuffandoti: “smetti di percepirti per quello che pensi di essere – uno dei miliardi di puntini infiniti per caso sulla tela – e inizi a sentire ciò che veramente sei. Un tutt’uno col resto, una cosa sola con l’infinità del mare che ti circonda”, p. 11, corsivi nel testo.
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