Torin 6, le mie scarpe

Se dovete saperlo da qualcuno, cari lettori di Moondo, è giusto che lo sappiate da me: ebbene, non correrò la maratona di Pisa.

No, no, non è andata come credete. Dopo avervi tenuto sulle spine con il mio infortunio e le sue evoluzioni, non ho ceduto sotto le sferze di una preparazione troppo ostica per la mia condizione fisica ancora precaria.

Più banalmente, alla vigilia del penultimo lunghissimo, ho pensato bene di beccarmi il Covid.

La positività mi è durata otto giorni. Il primo giorno di negatività, lunedì 21 novembre, ho corso a fatica sei chilometri: pensare di correrne sette volte tanti a distanza di nemmeno un mese (il prossimo 18 dicembre) sarebbe stato decisamente impossibile.

Altra Torin 6

Torin 6

Dunque, cari voi, per qualche settimana avrò solo bisogno di allenarmi per ritrovare un dignitoso smalto, e parlare di cose belle.

Parlare di cose belle come le scarpe che sto calzando a ogni uscita da circa un mese: sono le Torin 6 nella versione wide, ovvero con la parte anteriore particolarmente ampia (anche in rapporto a quanto già lo sia di solito nelle calzature di casa Altra).

Liquidiamo in fretta le caratteristiche tecniche di quello che forse è il modello di punta tra le scarpe da strada di Altra. E che si colloca, quanto ad ammortizzazione, subito dopo le Paradigm e le nuovissime Via Olympus.

Lo stack delle Torin 6 è di 28 millimetri, e il peso decisamente contenuto: poco più di 300 grammi per il mio numero da barca a vela (13 US). La tomaia è in mesh intrecciato e la schiuma dell’intersuola, come nelle Torin 5, è in Altra EGO™ MAX, pensata per offrire comfort e reattività.

Ma due importanti caratteristiche migliorano la scarpa rispetto al modello precedente. La prima è la scomparsa di una linguetta che ha fatto dannare più di un podista: sottile e… tagliente, ha procurato poco gradevoli segnacci nella parte posteriore delle caviglie a chi era solito correre con i cosiddetti fantasmini. Molto più protetta, poi, risulta la zona del tallone, grazie a una conchiglia più rigida di quella delle Torin 5.

Inutile aggiungere che, come ogni modello, anche le Torin 6 hanno le due caratteristiche fondanti e distintive di ogni modello Altra. Ovvero il Toe Box Footshape (l’ampio spazio nella parte anteriore della scarpa, particolarmente accentuato nella versione wide). E il Balance Cushioning Platforme, cioè una medesima altezza della suola nel tacco e nella punta. Sono due caratteristiche che permettono di correre con una postura più corretta e facendo esprimere al piede (dita comprese) tutta la sua forza propulsiva.

Le mie scarpe da corsa preferite

Nel tempo ho già recensito le Torin 3.5 Knit, le Torin 4 e le Torin 5.

Oggi, con le Torin 6, vi parlo per la quarta volta del mio modello preferito di scarpe da corsa. Qui la comodità, grazie alla conchiglia posteriore e forse anche perché si tratta della versione wide (per quanto mi riguarda, più spazio c’è per le dita e meglio è), mi pare se possibile ancora aumentata.

Ma il bello delle Torin è che, in virtù della loro leggerezza e di una mescola reattiva, non danno quella rischiosa sensazione di… materasso ad acqua di tanti modelli prodotti da altri marchi per le lunghe distanze. Mi riferisco alle super ammortizzazioni eccessivamente morbide, che tendono a far rilassare eccessivamente la falcata (con l’ulteriore rischio che, dopo qualche chilometro, si stia tallonando senza pietà).

No: qui un’intersuola abbastanza secca, il Balance Cushioning e un’ammortizzazione non eccessiva è vero che fanno sentire in pantofole. Ma richiedono sempre una buona spinta e una falcata composta, busto dritto e leggero sbilanciamento in avanti.

Peculiarità, queste, che peraltro le rendono perfette – almeno per gli amatori non troppo evoluti – come scarpa adatta a tutto. Che si può quindi utilizzare sia per i lunghissimi che per le sessioni di ripetute.

Aggiungo, seppure il dato estetico non sia mai fondamentale nel mio caso, che tutte le fantasie cromatiche delle Torin 6 sono azzeccatissime: moderne ma sobrie, direi eleganti. Insomma: in maratona farebbero fare un figurone anche dal punto di vista estetico.



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Claudio Bagnasco
Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975. Suoi brani narrativi e saggistici sono apparsi su vari blog e riviste. Ha pubblicato alcuni libri, tra cui i romanzi "Silvia che seppellisce i morti" (Il Maestrale 2010) e "Gli inseguiti" (CartaCanta 2019), e la raccolta di racconti "In un corpo solo" (Quarup 2011). Ha curato il volume "Dato il posto in cui ci troviamo. Racconti dal carcere di Marassi" (Il Canneto 2013). Il 31 ottobre 2019 è uscito il suo saggio "Runningsofia. Filosofia della corsa" (il Melangolo, seconda edizione 2021). Con Giovanna Piazza ha ideato e cura il blog letterario "Squadernauti". Ha ideato Bed&Runfast, il punto d'incontro fra il mondo del podismo e quello delle strutture ricettive. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com. Dal 2013 abita a Tortolì, dove gestisce un B&B con la sua compagna, corregge testi, insegna le parole difficili a sua figlia e corre.