Chi è Michele Evangelisti
La fotografia che campeggia sulla copertina del libro di cui parleremo oggi mostra un ragazzone atletico, non troppo magro come la maggior parte di noialtri podisti (d’accordo: noi sappiamo di non essere troppo magri, ma sappiamo anche che i non podisti ci percepiscono così), la cui prossemica e il cui sontuoso orologio GPS che porta al polso lo mostrano pronto all’azione, e il cui sorriso pieno, quasi infantile, lo fa apparire rassicurante, insomma: dalla nostra parte. Lo sfondo sfocato, che tuttavia sembra piuttosto inequivocabilmente un paesaggio boschivo o campestre, specifica meglio la sua inclinazione alle attività en plein air.
Il ragazzone della foto è Michele Evangelisti, quarantenne che ha praticato con profitto diversi sport (karate, rugby, canottaggio) prima di diventare un fortissimo runner specializzato in ultramaratone e ultratrail, nonché uno stimato allenatore.
Sulle tue gambe
Evangelisti ha scritto Sulle tue gambe, uscito per DeAgostini nel settembre del 2000 con una prefazione di Pietro Trabucchi (e un sottotitolo alla Wertmüller: Resilienza, tenacia e ottimismo: come reagire alle sfide della vita).
Il volume, insomma, si presenta con un paratesto forse non troppo originale, che lo farebbe somigliare ai sempre più frequenti libri motivazionali, nei quali un professionista di indubbia esperienza e altrettanto prestigio somministra ai lettori – spesso un po’ frettolosamente – una serie di suggerimenti su come affrontare le difficoltà della vita.
Tuttavia, c’è un elemento che permette a Sulle tue gambe di elevarsi dalla media di questi manuali di sopravvivenza contemporanea, e di segnalarsi come testo interessante, non banale e perfino utile. Il volume è infatti un instant book, essendo stato scritto all’indomani della cosiddetta prima ondata di Covid-19 (e facendo costante riferimento a essa); inoltre poggia su due date cardine per l’autore: il 7 marzo 2020, giorno della nascita del suo secondogenito oltre che dell’inizio del lockdown, e il 27 giugno, in cui si è svolta un’edizione assai particolare (poiché destinata solo a dieci atleti prescelti, tra cui lo stesso Evangelisti) della Lavaredo Ultra Trail.
Ebbene. Dal momento che le settimane di confinamento primaverile hanno affaticato psicologicamente noi tutti, anche coloro che non hanno vissuto intimamente la malattia, i suggerimenti elargiti da chi ha fatto del benessere una professione sono finalmente graditi, per almeno due motivi: intanto perché non peccano di eccessiva vaghezza, ma sono calibrati su un’emergenza sanitaria tanto inopinata quanto globalmente diffusa, che ci ha colti impreparati e che ci ha visto (e ci vede) tutti impegnati a mantenere una dignitosa condizione psicologica e fisica; e poi perché Evangelisti ha provato sulla propria pelle le difficoltà del confinamento, ancor più aspre per un neopapà, impossibilitato a condividere le gioie e le fatiche della paternità con familiari e amici.
Alcune considerazioni sulla riscoperta da un lato della superfluità che governa le nostre esistenze, dall’altro della nostra sorprendente tenacia e capacità di adattamento, risuonano perciò vere, credibili, poiché provate da milioni di persone in ogni angolo del pianeta. Ne prendiamo una come esempio, con cui concludiamo questa breve disamina di Sulle tue gambe, augurandoci che non occorrano più catastrofi simili per ricordarci le potenzialità latenti anche nel più pigro, sedentario e demotivato degli esseri umani: “la pandemia ci ha messo davanti a privazioni improvvise e grandi: alcune erano fondamentali (come l’impossibilità di uscire, o di vedere i nostri affetti), mentre altre erano legate al nostro stile di vita mediamente comodo… ci è costato molto rinunciare anche a quelle, ma non avevamo scelta e quindi ci siamo adeguati. Abbiamo riconquistato il valore dell’attesa e della rinuncia. Che sapore ha avuto il primo gelato gustato all’aria aperta? Magari c’è chi aveva fatto scorta di vaschette anche durante il lockdown, ma probabilmente il gusto del cono consumato su una panchina al sole in piacevole compagnia è molto diverso. Quello che mi interessa sottolineare è quanto i sacrifici piccoli o grandi ai quali ci siamo sottoposti durante la quarantena abbiano allenato la nostra volontà e la nostra motivazione”, p. 119.