Hangon, eccoti finalmente!

Vi devo confessare che da quest’anno non faccio più parte di alcuna associazione podistica, e una delle conseguenze dirette è che sono senza una mise come si deve per l’estate. Diverse aziende mi hanno fatto testare eccellenti capi per la stagione fredda, ma mi manca – o meglio mi mancava – un completo per i mesi caldi che fosse allo stesso tempo di qualità e magari bello a vedersi. Qualcosa da adoperare per gli allenamenti estivi più intensi e in gara, in modo da avere un tessuto leggero, traspirante e che vesta in maniera comoda, senza svolazzare né stringere eccessivamente.

Hangon

Ho adoperato l’imperfetto – mi mancava – perché qualche giorno fa Hangon, azienda Made in Italy con sede in provincia di Lecco, mi ha inviato da testare una canotta, un paio di calzoncini corti e uno di calze tecniche, assieme a una fascia frontale femminile subito sequestrata dalla mia compagna, novella podista.

Prima della recensione lampo degli articoli, due parole su questo marchio, che coniuga un’estrema attenzione alla qualità della produzione con una passione artigianale. Non sono, queste mie, delle frasi fatte: vengono semmai confermate dal fatto che Carmen, una dei titolari del marchio, mi ha intrattenuto in una piacevole conversazione telefonica prima dell’invio del materiale, a cui è seguito qualche giorno dopo un messaggio per accertarsi che fosse giunto a destinazione. Mi sembra un dettaglio non piccolo, che testimonia la cura quasi affettuosa verso i capi che Hangon crea e mette sul mercato.

Capi che, va aggiunto, sono disegnati, stampati e confezionati nel raggio di cento chilometri: il controllo sulla filiera produttiva è in questo modo massimo, e minimo l’impatto amientale.

I prodotti

Partiamo dalla fascia, utilizzata appunto dalla mia compagna: morbida e traspirante, è realizzata con una microrete di poliestere antibatterico in grado di espellere rapidamene il sudore.

E adesso tocca a me. Le calze corte Pixel Y, in una sgargiante fantasia giallo fluo-grigio scuro, fasciano perfettamente il piede grazie alla struttura differente tra calza sinistra e destra (e finalmente, cosa rara, esistono anche per taglie xxl come la mia, anziché fermarsi timidamente al 45). Hanno punta e tallone rinforzato, un’eccellente traspirabilità e un elastico che – altra cosa non scontata – stringe al punto giusto. Le ho trovate davvero di ottima fattura e fresche.

Passiamo alle due grandi sorprese. Gli short Double speed Y a prima vista mi hanno spiazzato: sono una sorta di ibrido, un paio di ciclisti sormontato da uno svolazzino con ampia fascia elastica in vita, e anche nel design sono simpaticamente bizzarri. Prima di provarli in un’uscita di diciotto chilometri ho temuto che fossero troppo coprenti (qui da me si superano già i venti gradi anche di mattina presto). Ebbene, mi è bastato indossarli per essere smentito: il poliestere bielastico, peraltro riciclato, è leggerissimo e aderisce alla perfezione, fungendo così anche da contenimento della muscolatura; e pure la fascia garantisce una grande vestibilità, come va di moda dire oggi. Non manca un ampio taschino posteriore con cerniera per i gel (o per lo smartphone, a beneficio di chi proprio non sa rinunciare a portarlo con sé anche quando corre).

Ho tenuto per ultimo il capo di cui forse mi sono maggiormente invaghito. Si tratta della canotta Carbon Y, realizzata in una microrete di poliestere elastico, in grado sia di far evaporare immediatamente il sudore che di adattarsi egregiamente alle forme del corpo. Fantastica: era quello che cercavo da mesi. Provata in una sessione di ripetute e in un lungo (lunghetto, via) di venti chilometri – e in entrambi i casi erano giornate molto calde – mi ha sempre restituito una grande sensazione di freschezza: non mi sono ricordato di averla addosso.

Gradevole anche alla vista nella sua fantasia giallo-nera che fa pendant con gli shorts, questo capo unisce una bella estetica, sgargiante ma non troppo, a una qualità elevatissima: come dicevo ad apertura di articolo, l’azienda pone la massima cura in ogni dettaglio.

Insomma: molti articoli tecnici mi hanno convinto, di pochissimi mi sono innamorato. E tra i pochissimi ci sono quelli di Hangon.



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Claudio Bagnasco
Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975. Suoi brani narrativi e saggistici sono apparsi su vari blog e riviste. Ha pubblicato alcuni libri, tra cui i romanzi "Silvia che seppellisce i morti" (Il Maestrale 2010) e "Gli inseguiti" (CartaCanta 2019), e la raccolta di racconti "In un corpo solo" (Quarup 2011). Ha curato il volume "Dato il posto in cui ci troviamo. Racconti dal carcere di Marassi" (Il Canneto 2013). Il 31 ottobre 2019 è uscito il suo saggio "Runningsofia. Filosofia della corsa" (il Melangolo, seconda edizione 2021). Con Giovanna Piazza ha ideato e cura il blog letterario "Squadernauti". Ha ideato Bed&Runfast, il punto d'incontro fra il mondo del podismo e quello delle strutture ricettive. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com. Dal 2013 abita a Tortolì, dove gestisce un B&B con la sua compagna, corregge testi, insegna le parole difficili a sua figlia e corre.