Giacca con cappuccio GORE-TEX SHAKEDRY™: chi è senza peccato…

GORE Wear e la tecnologia GORE-TEX

GORE Wear è uno dei marchi che adotta la tecnologia GORE-TEX, mitico tessuto brevettato nell’ormai lontano 1976. In breve, il tessuto GORE-TEX riesce in un’impresa che suona quasi come un ossimoro: rendere estremamente traspiranti e allo stesso tempo del tutto impermeabili i suoi prodotti, grazie a una serie di dieci membrane ciascuna delle quali presenta qualcosa come nove miliardi di microscopici fori per pollice quadrato (!).

Giacca con cappuccio GORE-TEX SHAKEDRY™

Negli scorsi allenamenti ho testato un capo della GORE Wear, e cioè la giacca con cappuccio GORE-TEX SHAKEDRY™ ad hoc per il running, antipioggia e antivento. I prodotti concepiti con tale tecnologia sono particolarmente traspiranti, leggeri e impermeabili. E non serve essere un docente di lingua inglese per intuire già dal nome la peculiarità dei capi di questa linea: basta scuoterli perché la superficie esterna torni asciutta, così da evitare lo spiacevole effetto di raffreddamento dato dall’umidità.

Premessa al test

Per questa recensione modifico un po’ le proporzioni dei paragrafi, nel senso che – liquidata in poche righe la descrizione tecnica del prodotto – preferisco passare subito alle mie impressioni sulla giacca GORE-TEX SHAKEDRY™. Perché?

Per due motivi. Intanto perché sono consapevole di avere a che fare con un prodotto di altissima qualità, il cui prezzo non esattamente da grandi magazzini trova – secondo me – pieno riscontro nella fattura e nella resa del capo.

Il secondo motivo è che parlandovi della giacca GORE-TEX SHAKEDRY™ mi trovo inevitabilmente, seppur mio malgrado, di fronte a un’ormai vecchia diatriba: quanta utilità hanno i capi ipertecnologici nello sport? Con i prodotti GORE Wear, ad esempio, migliorerò le mie prestazioni oppure otterrò, come unici due risultati, un dimagrimento del mio portafoglio e un ingrassamento del mio ego?

Ne riparleremo tra poco.

img_FIT_GORE_RUN_R7_SU18_R12_2017_MF_0188_eciRGBv2; 100095; 1000959900; Yoann Stuck; Shakedry; Lisa Mehl; su/18/all; su/18; su/18/run;

Il test, finalmente

Il caso vuole che la mattina del giorno successivo a quello in cui ho ricevuto la giacca GORE-TEX SHAKEDRY™ piovesse. Le condizioni erano ideali: avevo in programma dieci chilometri di lento (non troppi né troppo impegnativi, dunque, in caso di eventuali idiosincrasie nei confronti della giacca), c’erano una pioggia insistente ma non troppo fitta e un vento non più che discreto (un clima, insomma, che mi ha permesso di concentrarmi bene sulle mie sensazioni).

Intanto, due sorprese prima ancora di uscire in strada: il peso davvero minimo del prodotto e il design senza dubbio accattivante; la giacca GORE-TEX SHAKEDRY™ può anche essere tranquillamente indossata assieme a un paio di jeans e un paio di scarpe da ginnastica.

Comunque, la sorpresa autentica l’ho avuta durante l’allenamento. C’è poco da girarci intorno: questa dannata tecnologia, come direbbero i romanzieri statunitensi, funziona. L’oggettino esiguo che avevo sopra la t-shirt tecnica ha tenuto perfettamente acqua e vento e non ha creato lo sgradevole effetto gavettone che si prova quando si corre con capi non traspiranti (a proposito: non devo dirvi che correre troppo coperti non fa dimagrire, vero?)

E poi c’è stata la sorpresa finale. È proprio vero: con una semplice scrollata l’acqua scivola via dal giacchino.

In sintesi, ho trovato la giacca GORE-TEX SHAKEDRY™ non meno che eccellente, e non saprei cos’altro aggiungere.

Ah no, vi sono debitore di un mio parere sulla questione sollevata lo scorso paragrafo. Dunque: sappiamo tutti che i campioni del passato hanno corso (e vinto importantissime gare) scalzi o indossando scarpe che oggi ci sembrano espadrillas, con magliette di “pesantissimo” cotone, e senza nessun cardiofrequenzimetro da polso o diavolerie consimili. Gli attuali comfort podistici costano, e non credo nemmeno che abbiano una ricaduta positiva diretta sulla prestazione. Però sono il frutto di innegabili avanzamenti della tecnologia, che (altrettanto innegabilmente) contribuiscono alla sensazione di benessere durante il gesto atletico. Chi correrebbe più, oggi, con l’abbigliamento di trent’anni fa?

Quindi, per concludere: solo due cose sono indispensabili alla corsa, e cioè un corpo in movimento e una superficie su cui avanzare. Tutti gli altri sono elementi non indispensabili. Che però possono rendere più piacevole, appagante e personale (proprio come l’arredamento di una casa) il momento della corsa.

Conosco un podista che si allena con vestiti comprati al discount e reintegra solo con un bicchiere di acqua e sale. Ma nel segreto del proprio salotto custodisce un tapis roulant da quasi diecimila euro…

Buone corse, peccatori!



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Claudio Bagnasco
Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975. Suoi brani narrativi e saggistici sono apparsi su vari blog e riviste. Ha pubblicato alcuni libri, tra cui i romanzi "Silvia che seppellisce i morti" (Il Maestrale 2010) e "Gli inseguiti" (CartaCanta 2019), e la raccolta di racconti "In un corpo solo" (Quarup 2011). Ha curato il volume "Dato il posto in cui ci troviamo. Racconti dal carcere di Marassi" (Il Canneto 2013). Il 31 ottobre 2019 è uscito il suo saggio "Runningsofia. Filosofia della corsa" (il Melangolo, seconda edizione 2021). Con Giovanna Piazza ha ideato e cura il blog letterario "Squadernauti". Ha ideato Bed&Runfast, il punto d'incontro fra il mondo del podismo e quello delle strutture ricettive. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com. Dal 2013 abita a Tortolì, dove gestisce un B&B con la sua compagna, corregge testi, insegna le parole difficili a sua figlia e corre.