Cominciamo da una parziale ammissione di colpa.
In questo spazio, come sapete, si chiacchiera soprattutto di podismo. Anche se in diverse occasioni ci siamo affacciati su altri sport, tra cui il calcio, di cui parleremo oggi.
Ebbene. Anche io, di tanto in tanto, temo di avere assunto quell’atteggiamento snobistico che muove i corridori nei confronti dei calciatori. Il podismo è uno sport che non sta certo sotto i riflettori, in cui si fatica in modo tremendo. E se già guadagnano poco i campioni, figurarsi la vitaccia di noi amatori. Perciò (per un evidente complesso d’inferiorità, diciamolo) ci consideriamo gli sportivi veri, mentre reputiamo quelli là dei bambinoni dalle cosce ipertrofiche e dall’ego altrettanto abnorme. Poi certo, va detto che molti calciatori – nelle interviste così come nelle proprie (auto)biografie, spesso scritte a quattro mani con giornalisti che non vinceranno mai il Pulitzer – non fanno davvero nulla per farci cambiare idea.
Un giorno succede che leggo una piacevole antologia di racconti sportivi edita da 66thand2nd, e tra i dodici testi di autori noti e meno noti ne scorgo uno di Alessandro Gazzi, nome che mi risuonava come già sentito. E infatti nelle note biografiche del libro scopro che si tratta di quell’Alessandro Gazzi, l’ex calciatore professionista.
Leggo il suo racconto e, senza scendere in dettagli, mi dico: perbacco, queste pagine – per fervore – sembrano scritte da un calciatore che gioca in Eccellenza (per i non addetti ai lavori: è la quinta categoria del calcio italiano, composta da dilettanti di buon livello). Dalla scrittura – peraltro di buona fattura – ho percepito emergere energia, onestà, e una modestia che sino ad allora (esagero un po’, chiudete un occhio) non consideravo possibile nel mondo del calcio che conta.
Così ho cominciato a informarmi su questo Alessandro Gazzi. Domandando ai tifosi del Toro (i pochissimi che un sampdoriano serio può avere) e sbirciando le rare interviste che si possono reperire in rete.
E mi si è delineata l’immagine di un ragazzo timidissimo, che risponde sottovoce ai giornalisti guardando in terra quando l’emozione prende il sopravvento. Ecco che ho iniziato a provare una simpatia istintiva verso questo giovane uomo dalla formidabile zazzera rossa, e mi è venuta voglia di scoprire altro di lui. Finché…
Finché 66thand2nd non ha dato alle stampe (gennaio 2022) Un lavoro da mediano. Ansia, sudore e serie A, l’autobiografia del nostro Alessandro Gazzi.
Nella quale l’autore si racconta con una straordinaria cordialità, mostrando le debolezze e le preoccupazioni di un ottimo professionista che però – per sua stessa ammissione – non è mai stato un campione.
Emergono perciò le sensazioni di inadeguatezza, specie dopo le partite giocate sottotono. Ed emerge anche l’ansia, che blocca la muscolatura e rallenta il pensiero, e che porta Gazzi ad affermare: “Odio il calcio” (p. 29).
È la storia di un ragazzo di provincia che sceglie di non avere uno sponsor tecnico e che, anche da calciatore di serie A, va a comprarsi da sé le scarpe con i tacchetti nei negozi specializzati. Di un giovane che, schierato nell’undici titolare del Bari in uno stadio di San Siro gremito, vive l’evento commentando: “È tutto strano. È tutto vero. È tutto semplicemente assurdo” (p. 154). Oppure che, quando a centrocampo deve fronteggiare i migliori fuoriclasse del nostro massimo campionato, dice: “Idoli, gente che solo a guardarla giocare è un piacere per gli occhi. Sono reali, li puoi toccare, li puoi sfiorare!” (p. 161).
E si arriva alla parentesi in serie A col Torino, e alla partita con cui Gazzi – già relegato ai margini della squadra – dà l’addio ai granata, giocando una partita superba per cui verrà premiato come migliore in campo. Una partita in cui “la capacità di anticipazione e di previsione tattica insita nel mio ruolo mi permetteva di capire prima, di intuire dove e di avere l’illusione di poter regolare l’intensità del match a mio piacimento” (p. 226).
È il flow, che noi podisti conosciamo bene. E che all’improvviso – magari al trentottesimo chilometro di una maratona – ci dà la sensazione di poter (e di voler) correre all’infinito.
Alessandro Gazzi ha scritto un libro che tutti gli sportivi dovrebbero leggere, un unicum che ci ricorda come anche i calciatori professionisti, nonostante il troppo denaro e (spesso) la poca volontà di mettere il naso fuori dall’universo dorato del football, siano umani.
Infine, un appello all’autore: caro Gazzi, con l’umiltà e la dedizione alla fatica che Lei ha sempre avuto, diventerebbe un eccellente podista, e non immagina il piacere che ne trarrebbe. Si metta le scarpe e provi, non se ne pentirà.
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