Cari lettori, ultimamente sono fortunato. Perché mi sta capitando di leggere libri i cui autori, pur sportivi professionisti, non hanno alcuna intenzione di parlare di sé come di appartenenti a una specie diversa dalla nostra. Composta da persone che ogni giorno fanno la spesa, accompagnano i figli a scuola, cambiano le lampadine bruciate e fanno soffriggere l’aglio per preparare il sugo al pomodoro.
Sapere che esistono individui sì consapevoli di possedere qualità atletiche fuori dal comune, ma pure tutto il restante corredo cromosomico che li rende umani come noi, fa un gran bene. Soprattutto a chi pratica uno sport come il podismo, fonte di fatiche ciclopiche e di soddisfazioni effimere (e pressoché ignorato dai media sportivi).
Lo scorso febbraio vi avevamo parlato del sorprendente romanzo autobiografico di Alessandro Gazzi, ex calciatore di Bari e Torino. A marzo era toccato al recupero di un titolo memorabile, Calci, sputi e colpi di testa di Paolo Sollier. È passato un altro mese ed eccoci, ad aprile, tornare alla nostra amata atletica.
Per Mondadori è infatti uscito (aprile 2022) Correre in aria di Larissa Iapichino, lunghista (sì, chi salta in lungo è un lunghista) figlia dell’omologa – si dirà così chi pratica una medesima disciplina? – Fiona May e dell’astista Gianni Iapichino (che nel libro scopriamo essere anche un agguerrito musicista).
Larissa, il 20 febbraio del 2021, ai campionati italiani assoluti di atletica leggera ad Ancona ha fatto segnare la misura di 6,91. Grazie alla quale, in un sol colpo, ha eguagliato il miglior tempo indoor della madre e ha stabilito il nuovo record mondiale indoor under 20.
Ma Larissa Iapichino è anche la sfortunata atleta che, ai campionati italiani assoluti che si sono tenuti nel giugno del 2021 a Rovereto, pur guadagnando la medaglia d’oro si è infortunata al piede di stacco. E ha dovuto rinunciare ai Giochi olimpici di Tokyo 2020 (che naturalmente si sono svolti l’anno successivo).
In Correre in aria Larissa Iapichino ci racconta, con una benefica sincerità, la vita di una diciannovenne. Tra ingenuità e – fatecelo dire – propensione al cazzeggio. Tra i timori per le interrogazioni scolastiche (e soprattutto per l’esame di Maturità) e progetti e speranze per il futuro universitario.
Larissa che manda diluvi di messaggi ai suoi amici e altrettanti ne riceve. Che frequenta compulsivamente i social. E che ogni tanto si concede qualche citazione colta (pare che la letteratura e la storia dell’arte siano i suoi ambiti di studio favoriti).
Poi, all’interno di questa normalità, si innestano gli impegni dell’atleta di primissimo livello. I consigli della madre, che giungono per mezzo di frasi brevi e nette, dal sapore quasi aforistico. E quelli, un po’ più passionali, del padre, che peraltro è diventato il suo attuale allenatore.
Larissa che, col crescere della notorietà, scopre che “I follower sui miei profili aumentano ogni giorno come su un contatore disumano che riduce chiunque a un numero progressivo” (p. 35).
Che, prossima all’esame di Maturità, prende coscienza del fatto che il tanto sognato e dibattuto viaggio con l’amica del cuore salterà a causa degli impegni sportivi.
Ma al di là dell’aspetto narrativo – il libro si legge d’un fiato e la scrittura, semplice e cordiale, aiuta a entrare in sintonia con la lunghista – i lettori (specie se sportivi amatori) non potranno fare a meno di chiedersi dove stiano, semplificando, le differenze tra Larissa e i tanti giovani per così dire normali, senza cioè un talento atletico straordinario. Solo nel patrimonio genetico?
Forse no, viene da rispondere. La sensazione è che in Larissa Iapichino ci sia una grande consapevolezza delle proprie qualità. E una grande capacità (forse va scomodata la parola maturità) di separare gli aspetti feriali da quelli intimi. Ecco dunque coesistere una spiccata propensione alla leggerezza con gli amici, e una dedizione assoluta – assieme a un’encomiabile attitudine al mantenimento della privatezza – agli aspetti più privati. Non solo lo sport ma anche la vita affettiva: non a caso l’accenno a un fidanzato compare, con un pudore camuffato da svagatezza, solo nelle pagine finali del libro.
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