Ogni estate mi devo ricordare di non essere in ferie.
Spiegazione un po’ meno ellittica: ho la fortuna-sfortuna di vivere in un luogo di villeggiatura, che nei mesi estivi si popola di turisti. E pure di amici, di cui tento di assecondare parzialmente i ritmi, spesso dimenticandomi – appunto – di non essere in vacanza, bensì nel periodo di lavoro più intenso.
Contribuiscono non poco a mandarmi in confusione i podisti in ferie, che popolano in gran numero i luoghi in cui abitualmente corro. Sostituendosi misteriosamente ai podisti locali, che (le ipotesi sono due) o sono a loro volta in vacanza altrove, o corrono a orari diversi dai miei, esponendosi a temperature per me intollerabili.
Ma devo dire la verità: incrociare i podisti in ferie mi piace molto, per i motivi che qui di seguito elencherò brevemente.
Essendo in ferie, i podisti che incrocio non sanno che io sono un residente, e così quando siamo alla giusta distanza posso permettermi di regalare loro un sorriso generoso e un saluto squillante, proprio come fanno loro con me, fingendo così per un attimo – con loro ma soprattutto con me stesso – di essere anch’io un rilassato e spensierato turista. Mi accontento di poco.
I podisti che corrono anche in ferie, evidentemente, prendono la corsa con una certa serietà. Non solo hanno occupato parte della valigia con scarpe e abbigliamento tecnico, ma magari hanno anche scelto con cura la destinazione a seconda dei percorsi pedonali più che dei monumenti, litigando con i partner o celando loro alcuni dettagli (chiamiamoli così).
Incontro podisti fortissimi, d’estate, e altri dall’andatura compassata, ma una cosa è certa: se anche nei pochi giorni in cui si avrebbe la possibilità di riposare un po’ di più li vedo in strada prima delle sette di mattina, per tutti loro il legame col nostro amato sport è assai solido. E dunque più che mai, al di là della mia battuta di qualche riga più su, il saluto reciproco nel silenzio dell’alba acquista un valore di profonda condivisione. Va però aggiunto che i podisti durante le ferie estive difficilmente sono nella fase più intensa della preparazione di una gara, perciò li vedo sì impegnarsi ma anche sorridere, godersela, per quanto si possa godere della fatica.
Da ciò deriva, ora ve lo svelo, il motivo più profondo per cui costoro mi sono così simpatici.
Dopo anni in cui ci si dedica con serietà a una disciplina, è inevitabile farsi delle domande su ciò che essa rappresenta per noi.
Insomma: se mi si dovesse chiedere qual è il mio rapporto con la corsa oggi, risponderei che è quello di un podista in ferie. Ovvero: prendo la corsa seriamente eppure con leggerezza.
Seriamente, certo: la corsa è ormai entrata in modo stabile nella mia vita, la condiziona (nel senso che ne detta il ritmo), è un irrinunciabile strumento di conoscenza di me stesso e del mondo.
Eppure, dopo aver inseguito fin troppo a lungo la prestazione (dannati – e bellissimi – orologi GPS!), oggi posso finalmente dire che se un allenamento non viene come auspicato non è davvero un problema: non ci sono traguardi da raggiungere né limiti da superare – concetto, questo, che per chissà quanti podisti è diventato un’ossessione – ma c’è solo la dedizione (forse è più corretto chiamarla fedeltà) alla fatica, che dà senso a ogni mia uscita e anche, sì, alla mia esistenza.
Poi, magari, in futuro diventerò anche io, almeno per qualche giorno, un podista in ferie, e vi saprò dire se queste mie sensazioni saranno o meno confermate.
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