Per tutti quelli che affrontano il podismo con una certa consapevolezza, Daniel Lieberman è un’autorità indiscutibile.
Spieghiamoci meglio. Chiunque non si limiti a correre ma si sia interrogato anche su cosa sia davvero la corsa, difficilmente non sarà stato sfiorato dall’idea che correre significhi compiere un gesto naturale. Dal quale noi, in virtù di una serie di presunte comodità (prima fra tutte l’uso pressoché perpetuo di scarpe superammortizzate), facciamo di tutto per allontanarci.
È in reazione a questo stolido abbandono delle qualità primigenie della corsa che è nato il movimento (in parte opinabile, secondo il giudizio di chi sta redigendo questo articolo, ma ahinoi non c’è lo spazio per approfondire) del natural running.
Movimento che poggia su due testi di culto. Il primo forse sopravvalutato, è Born to run di Chritopher McDougall. Il quale, semplificando un po’ troppo la questione e mitizzando eccessivamente alcuni personaggi che appaiono nel suo libro, propugna il barefoot running, ovvero la corsa a piedi scalzi.
Il secondo è un articolo, di inoppugnabile scientificità, pubblicato nel 2004 sulla rivista Nature. Si intitola Endurance running and the evolution of Homo e porta la doppia firma del biologo Dennis Bramble e dell’antropologo Daniel Lieberman. Lo studio ci spiega come l’uomo abbia alcune caratteristiche fisiche (dal sistema osseo a quello muscolare, per non parlare della termoregolazione) che lo rendono un impareggiabile corridore sulle lunghe distanze.
Ebbene. Uno dei due autori di questo studio ormai considerato epocale, Daniel E. Lieberman, ha pubblicato anni fa un volume tanto ponderoso quanto appassionante. Si tratta de La storia del corpo umano, dato alle stampe in Italia da Codice edizioni nel 2014 (seconda edizione 2018, traduzione di Eva Filoramo).
Sono 480 pagine arricchite da schemi e illustrazioni (oltre che da una ricca bibliografia) che tratteggiano intanto un excursus storico sulla, potremmo dire, storia sociale del nostro corpo.
Il libro poi, nelle ultime centotrenta pagine, si sofferma sui cambiamenti del corpo umano avvenuti nell’epoca moderna e contemporanea. Per farlo, Lieberman poggia sul concetto di mismatch.
Il mismatch evolutivo, in estrema sintesi, si verifica ogni volta che organismi adattati da tempo a certe condizioni ambientali si ritrovano (relativamente) di colpo in situazioni ambientali, e di fronte a stimoli, nuovi.
Per concretizzare: pensiamo a tutti i problemi, oltre che ai vantaggi, derivati da una vita sempre più sedentaria e, negli ultimi anni, dallo sviluppo sempre più rapido delle tecnologie.
Obesità, malattie cardiache e carie sono solo tre degli innumerevoli esempi riportati nel libro.
La storia del corpo umano è ricco di spunti interessanti e ampiamente documentati. Non è banale, ad esempio, pensare a come i primi guai derivati dal benessere siano sorti quando l’uomo – un tempo unicamente cacciatore-raccoglitore – ha introdotto l’agricoltura. Diminuendo con una sola mossa il movimento fisico e la varietà dell’alimentazione.
Sino ad arrivare al presente, epoca del trionfo di farine raffinate, cibi spazzatura iperdolci e ipersalati, pieni di conservanti, coloranti e brutture consimili.
Lieberman, uomo dotato di grande lucidità e ironia, non propugna soluzioni massimaliste o ingenui ritorni allo stato di natura, ben sapendo come – specie noi abitanti del cosiddetto Occidente evoluto – mal sopporteremmo di rinunciare alle nostre comodità.
Sarebbe tuttavia sufficiente un po’ di consapevolezza in più. Ad esempio “prestando più attenzione al modo e alle ragioni per cui i nostri corpi sono diventati come sono adesso. Non sappiamo ancora come curare la maggior parte delle più brutte malattie che uccidono le persone o le rendono invalide in modo permanente, ma sappiamo come abbassarne la probabilità e talvolta anche come prevenirle: usando i corpi che abbiamo ereditato in maniera più consona a come si sono evoluti per essere usati” (p. 412).
Quindi, semplificando, potremmo dire agli sportivi in ascolto: continuate a praticare la vostra disciplina e ad alimentarvi in modo funzionale alla pratica dell’attività fisica.
E, se non lo avete ancora fatto, procuratevi una copia de La storia del corpo umano.
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