Ogni tanto, da queste parti, amiamo ricordare quanto farebbe bene – a una buona percentuale di podisti amatori – prendersi un po’ meno sul serio.
Poi capita che organizzi un’intervista telefonica con uno che va forte, e scopri una persona non solo cordialissima ma anche felicemente disordinata nel raccontarti le proprie gare e i propri successi. Al punto che ti lasci trascinare e rinunci dopo pochi minuti a organizzare una chiacchierata consequenziale.
Dopo di che, a intervista conclusa, provi a recuperare un po’ di dati e numeri online, ma scopri che l’intervistato non è davvero un fanatico della collezione delle proprie performance, ed è praticamente impossibile sistemare cronologicamente la sua storia sportiva.
Per cui, cari lettori, resteremo fedele al zigzag che ha reso spassosa la mia breve chiacchierata con Lorenzo Lotti.
Predappio, comune in provincia di Forlì-Cesena, ha un assessore allo sport che corre svelto.
Stiamo appunto parlando di Lorenzo Lotti. Che nella chiacchierata telefonica parte dalla fine, anzi dal futuro, dicendomi che il 10 settembre prossimo tenterà di entrare nel Guinness dei primati. Dove e perché?
A Winschoten, in Olanda, sede di una cento chilometri, Lotti proverà a stabilire il nuovo primato in una gara di 50 chilometri di stroller running. Ovvero di corsa spingendo un passeggino (dentro il quale si accomoderà il suo bambino di pochi mesi).
È una gara-festa, mi spiega Lorenzo, che si sviluppa su un percorso di dieci chilometri da ripetere cinque volte. La popolazione locale segue la gara con grande interesse, facendo il tifo e approfittandone per organizzare picnic nelle aree verdi.
Da qui proviamo a balzare all’indietro sino al 1986, anno di nascita di Lorenzo. Ma dobbiamo subito fare un salto in avanti di trent’anni perché, sorprendentemente, è solo nel 2016 che Lorenzo Lotti inizia a correre. E lo fa a seguito di alcuni problemi alla schiena, che chiamano in causa il running per ristabilire una buona condizione di forma.
La prima maratona, dopo poche settimane di allenamento sulle gambe, è quella di Roma, chiusa in tre ore precise. Un esordio che fa intendere a Lorenzo, pur privo di esperienza (alla sua compagna aveva detto, né più né meno, “Ci vediamo all’arrivo”), di disporre di un ottimo motore.
Gli allenamenti diventano via via più sistematici. E alla Genova Marathon del 2 dicembre 2018 avviene la svolta: Lorenzo Lotti si piazza secondo a soli 33 secondi dal vincitore Mohamed Rity, e cinque minuti prima di re Giorgio Calcaterra, giunto terzo al traguardo.
Da lì arrivano la consapevolezza e le vittorie in maratona (due volte Catania, Salsomaggiore, San Marino, la Maratona delle Cattedrali…) e su altre distanze.
Nel frattempo spunta l’amore per le ultra. Il passaggio, ci spiega Lorenzo Lotti, è stato naturale, considerati la sua propensione alla fatica e il fatto che la sua più spiccata qualità è la resistenza.
Il prossimo obiettivo di Lorenzo è quello di ottenere il minimo per entrare a far parte della nazionale italiana di ultramaratona, per la quale saranno selezionati sei podisti.
Per chiudere la carrellata dei successi, Lotti è lieto di citare il suo ruolo di atleta guida per un runner non vedente, Loris Cappanna. I due hanno vinto i campionati italiani di paraduathlon a San Benedetto del Tronto, nell’aprile del 2021. E hanno “rischiato” di fare un tempo valido per le Olimpiadi di Tokyo.
La Genova City Marathon è stata importante per Lorenzo Lotti anche perché è stato allora che ha conosciuto gli integratori Inkospor, vincendo un box di prodotti come secondo classificato. Inkospor è la marca di integratori che anche noi apprezziamo e prediligiamo (e di cui abbiamo già parlato in diversi articoli).
Lorenzo usa diversi prodotti Inkospor, prima, durante e dopo gli allenamenti e le gare. Mi cita la linea pre workout, gli aminoacidi ramificati, le proteine e gli ottimi gel, decisamente sostanziosi e allo stesso tempo altamente tollerabili dall’organismo.
Chiudiamo la telefonata parlando di scarpe da running e delle sue incursioni nel mondo dell’ironman.
E a me resta il compito (nemmeno troppo arduo, in verità) di dare una struttura all’intervista meno ingessata che io abbia mai fatto.
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