Cosa ha fatto assurgere Emil Zátopek a idolo, o più sobriamente a punto di riferimento, per tanti di noi podisti amatori?
Possiamo forse scoprirlo leggendo Emil Zátopek. Una vita straordinaria in tempi non ordinari, scritto da Rick Broadbent e uscito in Italia nel maggio del 2018 per i tipi di 66thand2nd (traduzione di Andrea Marti e Stefano Tettamanti).
Il volume ripercorre con passione e rigore filologico la biografia, non solo sportiva, di uno dei più grandi atleti di tutti i tempi.
La prima corsa di Emil di cui si ha testimonianza risale al 15 maggio 1941: organizzata dal calzaturificio per cui Zátopek lavorava, si disputò a Zlín. L’allora diciottenne locomotiva umana arrivò secondo dietro un perfetto sconosciuto, e già questo dato appare significativo: ci troviamo di fronte a uno sportivo non dalle qualità atletiche del tutto eccezionali, ma certamente dalla caparbietà unica. Da quel 15 maggio, per diciassette anni Zátopek non cesserà infatti di sottoporsi ad allenamenti estenuanti e di mostrare al pubblico di tutto il mondo la celeberrima maschera della propria fatica.
Nonostante la drammatica situazione socioeconomica della Cecoslovacchia durante la seconda guerra mondiale, Zátopek si allena con incrollabile passione, inventando peraltro un personalissimo interval training. Dice di lui Jan Haluza, suo primo e unico allenatore: “Si presentava in pista appena staccava dal suo duro lavoro, allenarsi con lui era un piacere. Non perdeva mai l’ottimismo, era sempre allegro e schietto. Il problema più grave era la carenza di cibo. […] Tutto era razionato. Era difficile fargli avere le scarpette ed evitare che si distruggesse i piedi”, p. 36.
E così arrivano i primi successi: in un solo mese, nel 1944, sbriciola i record nazionali sui 2000, 3000 e 5000 metri, sino a giungere quinto nei 5000 metri ai Campionati europei di Oslo del 1946.
Zátopek, sin lì ancora relativamente anonimo, si impone al grande pubblico vincendo la gara dei 5000 metri al meeting di Praga del 25 giugno 1947, con un tempo vicinissimo al record del mondo. Finalmente tutti imparano a conoscere la sua inconfondibile postura: “Aveva la testa piegata di lato, come se fosse troppo spossato per mantenerla diritta, la lingua ciondoloni tra i denti. Le braccia sbilenche sembravano sgraziate, ma le gambe si muovevano con velocità ed eleganza, una sorta di ibrido bizzarro”, pp. 72-3.
Dal 1948 al 1955 sarà un susseguirsi di imprese leggendarie e record mondiali abbattuti: si inizia dall’oro sui 10000 metri alle Olimpiadi di Londra del 1948 per continuare col doppio oro sui 5000 e 10000 metri ai Campionati europei di Bruxelles del 1950, e arrivare al culmine alle Olimpiadi di Helsinki del 1952.
Qui Emil riuscirà in un’impresa finora ineguagliata: vincere l’oro sui 5000, sui 10000 e nella maratona. Due di queste gare sono entrate nella leggenda: la finale dei 5000, un’epica sfida a quattro risoltasi con la celebre caduta di Christopher Chataway e un’irresistibile volata di Zátopek; e la maratona, che Emil vinse pur non avendola mai corsa e nonostante una vistosa crisi negli ultimi chilometri. Gli appassionati troveranno facilmente in rete spezzoni di entrambe le gare.
Il libro di Broadbent si concede ampie divagazioni dall’argomento podistico. Non tanto negli accenni alla relazione di Emil con la giavellottista Dana, che diventerà sua moglie nel 1957, quanto con fitti rimandi ai principali avvenimenti politici occorsi durante la vita di Zátopek. Riferimenti necessari: egli infatti, all’apice della carriera sportiva, sarà riconosciuto come una sorta di eroe nazionale e potrà godere di privilegi di solito riservati a cariche ben più alte di quella di colonnello, da lui raggiunta; tutto ciò mentre altri – anche vicini a Emil, come il già citato Jan Haluza – verranno arrestati e torturati dalla Stb (la polizia segreta del regime comunista) con l’accusa di spionaggio.
Viceversa, durante l’invasione sovietica a seguito della Primavera di Praga, Zátopek pagherà care le sue simpatie per Dubček: verrà rimosso da ogni incarico e mandato a lavorare in una miniera di uranio.
Ma un freddo riassunto non rende giustizia alla vivacità del libro, né soprattutto a quello straordinario personaggio che fu Emil Zátopek.
Come rispondere, quindi, alla domanda che ho fatto cadere nelle prime righe di questa recensione?
Forse funzionerebbe citare qualcuna delle frasi di Emil, chissà se vere o apocrife, che circolano da decenni a mo’ di proverbi.
O forse ancora riportare nel dettaglio alcune delle sue massacranti sedute di allenamento.
Ma personalmente resto convinto del fatto che chi ammira e ama Zátopek, specie oggi, nell’epoca della distrazione continua, quando sembra quasi patologico concentrarsi su un unico obiettivo, dicevo che oggi chi ammira e ama Zátopek è attratto proprio da questa sua dedizione assoluta a uno e un solo compito. Come certi uomini che passano l’intera vita in preghiera, Emil Zátopek aveva trovato il suo posto nel mondo.
Disse di lui Ladislav Kořán: “Non era un politico, era un corridore. Viveva per questo, respirava per questo. Era un corridore, anche nei suoi sogni”.
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