Proprio questa mattina ho avuto uno scambio di mail con un caro amico.
Incredulo del fatto che trenta o quarant’anni fa correre una maratona in due ore e mezza era considerata un’impresa da discreto amatore e nulla più. Oggi chi chiude una maratona sotto le tre ore è guardato come un eroe.
Questo significa due cose. Che la media delle prestazioni degli amatori si è notevolmente abbassata, e che si è abbassata perché (seconda cosa accaduta) è notevolmente aumentata la base di chi corre. In sintesi: corrono quasi tutti, ma piano.
Ciò ha due ulteriori conseguenze: una, meritoria, è che ogni nuovo podista corrisponde a una persona in meno che si espone a una serie di rischi di patologie, e a una persona in più che con ogni probabilità godrà di una buona condizione psicofisica.
Seconda conseguenza, cui spesso accenniamo: oggi correre è anche una moda, un fenomeno di massa, con tutto il suo corredo di gadget (spesso, lo dicevamo giusto lunedì scorso, di nessuna utilità), e con l’individuazione di alcune figure guida.
Sono professionisti che, a diverso titolo, rivestono il ruolo di allenatori e/o influencer, mettendo le loro competenze al servizio di atleti o aspiranti tali, sempre più numerosi e desiderosi di apprendere.
Alla confluenza di questi due aspetti, quello della corsa come moda e come “medicina di massa” (se ci concedete la locuzione), sta tra gli altri Correre Naturale, un metodo sviluppato da Daniele Vecchioni assieme a Paola Dalla Vecchia e al loro team sempre più nutrito.
Se dovessimo sintetizzare in poche righe Correre Naturale, lo descriveremmo come un metodo per insegnare (o reinsegnare, a chi già macina chilometri) a correre in maniera corretta, con una postura che limiti il rischio di infortuni e permetta di sostenere anche uscite di chilometraggio cospicuo senza ridursi al lumicino.
Si tratta di riappropriarsi di una fisicità primitiva ormai soffocata da un’eccessiva sedentarietà. Dunque non solo la corsa è prevista nel metodo Correre Naturale, ma più in generale un approccio quotidiano al movimento e al recupero del dinamismo perduto.
Daniele Vecchioni, leader di Correre Naturale, esemplifica questi concetti nel suo terzo volume, stavolta dato alle stampe per Gribaudo.
Si tratta, il titolo dice già molto, di Corsa. La medicina perfetta, uscito nel settembre del 2022.
Nel libro ci sono una serie di consigli che riguardano, proprio come il metodo di cui Daniele è portavoce, non solo l’atto del correre, ma anche una diversa impostazione dell’esistenza tout court (noi podisti sappiamo, ad esempio, che l’attività fisica è uno dei tre vertici di un triangolo immaginario, che si svuota di importanza se non viene considerato assieme agli altri due, l’alimentazione e il recupero).
Corsa. La medicina perfetta ha due pregi: quello di essere scritto con un linguaggio piano, e di essere sorretto dall’entusiasmo che chi ha già sentito o visto Daniele Vecchioni gli riconosce.
Anche i limiti sono forse due: un’insistenza un po’ eccessiva sulla paternità di alcuni concetti (che, ad esempio, in parte erano già presenti nel pose running, e in svariati volumi pubblicati ormai diversi anni fa). E un tentativo troppo ottimistico di instillare l’idea che correre debba essere un’attività da svolgere sempre al di qua della fatica.
Ma probabilmente obiettivo del volume – e più in generale di Correre Naturale – è quello di spingere i sedentari a prendersi cura di sé attraverso l’attività fisica. Dunque ben venga avvisare i nuovi potenziali podisti che correre può essere bello, gratificante, tonificante e rilassante. Iniziando a correre, insomma, si va verso il miglioramento e non… la distruzione di sé.
Tuttavia, e quante volte lo abbiamo detto!, il mistero della corsa, il suo fascino più primitivo e profondo lo si intuisce solo faticando, faticando, faticando.
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