Libri

Annuario dell’atletica 2020

Allora siamo intesi: oggi il podismo – perdonatemi, il running – si compone di selfie, influencer, calze a compressione da novantanove euro e novanta al paio, oscuri amatori che vergano lunghissimi post sui social dove raccontano di come siano riusciti nell’incredibile impresa di correre una mezza maratona in un’ora e cinquantasei minuti, libri autoprodotti in cui ex alcolizzati, ladri e sicofanti narrano (narrano, oddio…) come – dopo immancabile crisi mistica – siano riusciti a raddrizzare la loro grama esistenza e a correre la maratona di New York, creme riscaldanti al topinambur e stage di podismo pagabili in ottantaquattro comode rate mensili.

Invece no

Invece no. Questo è semmai l’inevitabile e non troppo lieto contorno del podismo, oggi che il nostro fantastico sport è diventato un fenomeno sociale. Ma diciamo pure moda; e ogni diffusione di una nuova moda, si sa, porta con sé una serie di aspetti deteriori: dilaga la tentazione di concentrarsi sull’esteriorità, su ciò che di quello specifico fenomeno sociale è più facilmente ottenibile e sbandierabile.

Per fortuna il podismo, e in generale l’atletica, è ben altro. Me lo ha ricordato pochi giorni fa Saverio Fattori all’Overtime Festival: in una lunga chiacchierata con Cesare Picco, Saverio ha snocciolato una quantità cospicua di dati per dimostrare, numeri alla mano, il progressivo decadimento delle prestazioni degli amatori. Perché l’atletica, c’è poco da fare, è misurabile; non lo saranno l’epica degli ultimi chilometri di una maratona, la tensione elettrica di una finale olimpica dei cento metri o la poeticità futurista del salto in lungo: ma le prestazioni, quelle sì, sono tutte impietosamente misurabili. E le misurazioni dicono del valore di ciascuno, dai campioni ai più modesti dilettanti; dicono dell’evoluzione delle varie discipline nel tempo, e se ci concentriamo sull’Italia dicono del piazzamento dei nostri atleti nelle competizioni internazionali, e ci mostrano dunque gli ambiti in cui gli interventi nei settori giovanili dovrebbero essere più urgenti e profondi.

L’annuario

Bibbia dell’atletica vista appunto come insieme di prestazioni misurabili, l’annuario edito dalla Fidal è ora disponibile nella versione 2020 per tutti gli appassionati (lo si può acquistare qui): si tratta di una monumentale opera composta da oltre ottocento pagine cartacee e altrettante consultabili nel CD accluso all’opera. In esse si trova una quantità impressionante di dati, riguardanti sia la stagione 2019 che la storia della Fidal, quella delle principali manifestazioni nazionali e internazionali, le cronologie dei record e un’appendice dedicata alle società affiliate alla federazione italiana di atletica leggera.

Livre de chevet per gli amanti dello sport, feticcio imperdibile per chi ha tendenze ossessive, strumento indispensabile per levarsi un dubbio su una data, un numero o un nome, è utile a una vastissima gamma di figure impegnate a diverso titolo e grado nel mondo dell’atletica.

Ma è utile soprattutto, per tornare a quanto si diceva ad apertura di articolo, alla moltitudine di amatori che si dimenticano cosa mai ci sia al di là dei gadget, della gara-gita, delle frasi motivazionali vergate pedissequamente sui social. È un importante contrappeso, insomma, al rischioso scivolamento dell’idea di atletica verso quella di un’attività comoda, confortevole, che (magicamente) apporta immediati benefici psicofisici senza nulla chiedere in cambio.

L’annuario, nella sua mirabile spietatezza di cornucopia di cifre, svela che al di là di gadget, gare-gite eccetera c’è la fatica, perbacco, c’è la strenua volontà di migliorarsi di qualche decimo di secondo o di pochi millimetri, spesso in cambio di una ricompensa economicamente esigua, ma semmai per il desiderio insaziabile di scoprire cosa ci attende oltre quelle bizzarre colonne d’Ercole che anno dopo anno, record abbattuto dopo record abbattuto, si spostano sempre un po’ più in là, infin che ’l mar fu sovra noi richiuso.

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