Miei cari lettori più o meno sportivi, siamo arrivati alla sesta recensione di un modello di scarpe Altra Running, marchio che ormai adopero da più di due anni senza soluzione di continuità. Per i più distratti, ecco i link ai miei articoli sulle Torin 4, le Paradigm 4, le Torin 3.5, le Escalante 2 e le Provision 4.
Ormai potrei interrogarvi sulle peculiarità delle Altra, e so che tutti mi sapreste parlare del drop zero e del Toe Box Footshape. Oggi però vorrei aggiungere una considerazione, o meglio una reazione a ciò che ho letto in un paio di blog gestiti da podisti teoricamente esperti dell’argomento. Dove si contestava il fatto che le scarpe Altra non favoriscono necessariamente la corsa naturale, perché alcuni modelli particolarmente ammortizzati favorirebbero la rullata e l’appoggio di tallone.
Dunque. Intanto bisogna intendersi sulla locuzione corsa naturale. Il concetto è quanto mai abusato: se per corsa naturale si intendesse il correre come facevano gli uomini primitivi, varrebbe solo la corsa da scalzi. Ma nemmeno del tutto, perché nel frattempo il corpo umano si è evoluto, la postura si è modificata eccetera.
Se invece con corsa naturale intendiamo la ricerca di una corsa in cui si recuperi la spinta di tutto il piede, dita comprese, e si cerchi un appoggio più morbido e reattivo (cioè di mesopiede), si ha certamente vita più facile con scarpe che non costringono le dita e che, in assenza di differenziale, consentono il leggero sbilanciamento del busto in avanti. Poi, sia chiaro: se uno volesse correre battendo di tallone, può farlo sia con un drop 14 che da scalzo.
Certo, questo va detto, meno gomma si ha sotto i piedi e più si è portati – quasi obbligati – ad adottare una buona (ecco: diciamo buona più che naturale) tecnica di corsa. Dove buona significa economica e non traumatica.
Questa fin troppo lunga introduzione per dire che, dopo il recente innamoramento nei confronti delle Torin 4, sono vittima di un nuovo invaghimento: quello per le Escalante Racer NYC.
Sono scarpe velocissime: pesano meno di 250 grammi nel mio numero gulliveriano (12.5 US), hanno uno stack di 22 millimetri e la tomaia – che in questa versione limitata è dedicata alla mitica città di New York – è estremamente traspirante.
Calzatura di una comodità imbarazzante, spesso viene frettolosamente indicata solo per le brevi distanze e consigliata unicamente ai runner evoluti, capaci di tenere un buon passo.
Ed ecco che si ricade nei luoghi comuni. Certo, è una scarpa che non farei indossare a un signore in sovrappeso che voglia iniziare a correre con un passo di 7 minuti al chilometro.
Ma per quanto riguarda i miei allenamenti – e io mi considero un modesto amatore, o se proprio vogliamo esagerare un amatore medio – le Escalante Racer NYC hanno fatto il loro dovere sia nelle ripetute sui cinquecento metri che in un’uscita di trenta chilometri.
Questo perché? Perché sono sempre più convinto che, una volta guadagnata una buona tecnica di corsa, non è necessario avere una scarpa superammortizzata per allenarsi con soddisfazione anche per chilometraggi cospicui. Così come non c’è scarpa, per quanto strutturata e ammortizzata, capace di preservare chi corre in modo maldestro da dolorini e infortuni.
Insomma: non credo nel doppio dogma podista lento e pesante/scarpa ammortizzata, podista veloce e leggero/scarpa minimalista. Mi pare più importante saper correre bene, dopo di che – com’era sino a pochi decenni fa – l’unica cosa che conta è la buona fattura della scarpa. Al di là delle troppe variabili che ultimamente vengono prese in considerazione (o inventate ex novo) da marchi sempre più smaniosi di ritagliarsi una quota di mercato.
Dunque le Escalante Racer NYC, a mio parere, sono delle splendide scarpe per tutti. O meglio: per chiunque abbia una tecnica di corsa corretta. Gli altri si sbrighino a trovarla: è il modo migliore per godere di questo bellissimo sport e per tenersi alla larga dagli infortuni.
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