Cari lettori della rubrica, saprete perdonarmi il titolo un po’ grandioso.
Che va subito spiegato (e ridimensionato): mi guarderò bene, qui, dal somministrarvi consigli o peggio ancora tabelle su come strutturare i vostri allenamenti.
E questo è già un modo di prendere posizione nell’eterna questione dell’allenamento dei podisti amatori. Dico no, e con una certa fermezza, al prendere una qualunque tabella dalla rete per seguirla pedissequamente. Le tabelle, quelle vere, vanno tarate su ciascun podista amatore: a seconda di quanto va veloce, di quanti allenamenti può fare, dei suoi obiettivi, della sua capacità di recupero eccetera eccetera.
Come abbiamo raccontato, perdonate l’autocitazione, nella puntata del nostro podcast appena registrata (e ascoltabile a partire da martedì 13 settembre), ci pare che solo tre modalità di allenamento permettano di correre con gioia e profitto, a prescindere dall’ambiziosità dei nostri obiettivi. Eccole, una di seguito all’altra.
Consigliamo il fai da te alle due categorie estreme di podisti: chi corricchia così, per il puro gusto di fare qualche chilometro ogni tanto, magari accompagnato dal proprio cagnolino. E agli amatori davvero evoluti.
Anche se il consiglio di far da soli elargito a chi corre senza alcuna pretesa ci sembra giusto solo per metà. Pensate, amici podisti-cazzeggiatori, che con un minimo di sforzo in più, con qualcuno che sappia mostrarvi la corretta tecnica di corsa e che sappia spiegarvi che ci si può allenare in modo vario, vi divertireste sicuramente di più. E trarreste ben più benefici, vi appassionereste di più, avreste tante belle sorprese.
Gli amatori evoluti, invece, sanno già tutto: sono in grado di costruirsi un programma in base a un obiettivo, e variarlo di volta in volta in base alla propria condizione psicofisica.
Per tutti gli altri, come diceva quella pubblicità, c’è l’allenatore.
Potendo, trovate chi vi allena di persona (dunque iscrivetevi a un’associazione podistica). Per quanto sensibile sia un coach, nulla vale l’avere davanti agli occhi un podista. Per vedere come corre, quanto impiega a recuperare, addirittura per carpirne le pieghe del carattere (indispensabili, ad esempio, per conoscere la predisposizione alla fatica).
E poi, far parte di un’associazione podistica significa organizzare allenamenti e gare assieme. Anche se, spiace deludervi, la fatica non si divide correndo in gruppo. Ma forse chissà, sapendo di non essere da soli la si regge meglio.
Chi non potesse avere un allenatore in presenza non si abbatta. Molti egregi allenatori allestiscono programmi a distanza, dopo aver somministrato un questionario (da compilare, superfluo dirlo, con la massima sincerità).
Conoscere i parametri fisici, la “carriera” podistica, l’obiettivo e la disponibilità di tempo da dedicare alla corsa del podista sono, per un allenatore di vaglia, parametri sufficienti per stilare un ottimo programma. Che il podista amatore riconsegnerà con scadenza (di solito) settimanale al coach, il quale valuterà l’andazzo e deciderà se mantenere così com’è la tabella, alleggerirla o magari renderla più ostica.
Domanda. Quindi un manuale da solo non basta per allenarsi decentemente? Risposta: esattamente, non basta.
Ma ce ne sono molti davvero gustosi, che possono trasmettere una gran voglia di correre. O anche essere complementari al lavoro di un allenatore.
Tra i tanti, citiamo i due a cui più siamo affezionati. Il primo lo ha scritto Stefano Baldini, si intitola Maratona per tutti, e in copertina riporta una frase che da sola vale più di tutti gli slogan motivazionali, di solito atroci, che appaiono sui vari profili social. La frase, anzi l’ossimoro, è: “Quarantadue chilometri di corsa sono una grande impresa alla portata di tutti”.
E poi c’è l’intramontabile Andiamo a correre di Fulvio Massini, che spiega con estrema precisione tutti i vari tipi di allenamento. In modo che, programma alla mano, il podista sappia perché ieri ha corso dieci chilometri di lento e perché domani lo attendono le ripetute sui 400 metri.
Non so voi, cari lettori, ma quando io faccio qualcosa mi piace capire perché la faccio.
La morale: correre è bello, come suonare la chitarra elettrica. Ma accendere l’amplificatore e produrre suoni a caso è molto ma molto meno appagante che conoscere gli accordi, saper leggere la musica e magari imparare a fare gli assolo (che al plurale resta proprio così, assolo: ve lo giuriamo).
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