Running

Uomini e donne. E podismo

Premessa quasi deontologica

Bentrovate, bentrovati.

Mi è stato garbatamente commissionato un articoletto, in cui dovrei scrivere qualcosa intorno alle peculiarità della corsa al femminile. Essendo però io un maschio, ho altrettanto garbatamente risposto che mi sarebbe stato più facile scrivere qualcosa intorno alle peculiarità della corsa al maschile, per poi magari istituire un dibattito sulle differenze (sia oggettive che percepite) tra il preparare una gara, e l’affrontarla, per gli uomini e per le donne.

Ma poi ho pensato che sarebbe stato più divertente scrivere qualcosa pensando proprio alle differenze di approccio alla corsa tra uomini e donne, guardando magari alle peculiarità della corsa al femminile da un punto di vista maschile.

Ora. Sappiamo tutti quanto sia sdrucciolevole il terreno del genere. Evitando di specificare l’ovvio (una suddivisione manichea uomo/donna oggi non è più ricevibile, e l’ambito della sessualità è più una gamma di sfumature che un bianco/nero), va pure ammesso che si può ancora distinguere un uomo da una donna, grazie alla differenza dei caratteri sessuali primari (anche se proprio alcuni atleti, come Castor Semenya, mettono in dubbio persino questa dicotomia).

Donne e ciclo mestruale

Comunque, senza troppo sottilizzare, la prima e più ovvia differenza è che gli uomini non hanno le mestruazioni, e quindi non sono soggetti a un periodo in cui, ogni ventotto giorni, bisogna fare i conti con alcuni importanti sbalzi ormonali. E qui ho già pronta una domanda da porre alle amiche podiste: è vero che il ciclo mestruale può avere anche risvolti positivi sulle prestazioni? Pare infatti che nella cosiddetta fase proliferativa del ciclo si liberi una grande produzione di estrogeni, e questo dovrebbe corrispondere al miglior periodo in cui allenarsi con intensità o gareggiare. Noi amatori maschi dipendiamo vergognosamente da periodi di più o meno buona forma, di cui spesso ci sfuggono i motivi e che non sappiamo prevedere; mentre le donne (specie quelle con un ciclo mestruale regolare) possono conoscere la fessura temporale in cui essere particolarmente competitive. Mica male, se fosse così!

Donne e gravidanza

Poi c’è la gravidanza, e l’essere madri. Mi viene in mente che quando la mia compagna era incinta di nostra figlia ha chiesto al suo ginecologo: “Dottore, posso continuare a fare sport?”, e lui le ha risposto: “Signorina, lei è incinta, non malata”. E qui avrei una seconda domanda da fare alle amiche podiste che hanno avuto figli: come avete conciliato, o come conciliate, la gravidanza, l’allattamento e comunque la necessità di una presenza pressoché costante accanto a vostro figlio (o figlia) piccolo, con l’attività sportiva? Sempre per prendere un caso limite, penso a Sophie Power, che ha allattato il figlio mentre ha corso l’Ultra-Trail du Mont-Blanc.

Sophie Power all’UTMB

Le differenze fisiche

Infine mi domando – e vi domando, amiche podiste – se e quanto pesino le differenze fisiche che paiono penalizzare oggettivamente le sportive rispetto agli sportivi (minor quantità di emoglobina e globuli rossi, massimo consumo d’ossigeno più basso, minor capacità di consumare carboidrati nella fase anaerobica eccetera…).

Insomma

Insomma, il dibattito è aperto. Personalmente, ho la sensazione che mediamente (perché generalizzare, si sa, è sempre rozzo, oltre che scientificamente insensato) le podiste siano più tenaci dei podisti, magari più vanitose e attente ai gadget ma molto meno capaci di accampare scuse poco credibili (tra cui il mitico campionario di frasi-alibi, come ad esempio: Questa gara la faccio come allenamento perché da ieri mi tira il polpaccio destro).

Potrebbe darsi che si tratti dello stesso sovrappiù di tenacia che le donne devono adoperare nella vita quotidiana, prese come sono in una società ancora drammaticamente maschilista. Ma vorrei tanto che a rispondere fossero proprio le mie amiche podiste.

Nel frattempo vado a correre. Anche se da ieri sera mi tira il polpaccio destro…

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