Cari e affezionati lettori della rubrica, se dovessi dirvi al volo una cosa, la prima che mi viene in mente, vi direi che in questo periodo sto bene, e mi sto allenando bene.
Però mi rendo conto che un articolo del genere sarebbe decisamente troppo breve, e mi meriterei le vostre proteste. Quindi mi toccherà, nelle prossime righe, motivarlo, questo mio stare bene. Proviamo.
Sto bene, ma perché? Perché, anzitutto, mi sto accontentando. La mia terza maratona di Pisa, andata così così, mi ha confermato nel fatto di essere diventato un podista più lento rispetto a qualche anno fa.
Dismessa ogni velleità agonistica in questo senso (fino alla scorsa estate provavo ancora, con scarsi risultati, a rimanere su ritmi ormai non più frequentabili), ora sono felice e pacificato. E, avendo preparato malino Pisa, non sto facendo calcoli per la prossima gara regina che correrò, ossia Milano Marathon.
E, siamo proprio animali prevedibili, l’assenza di programmi od obiettivi rigidi mi sta facendo allenare con grande libertà e soddisfazione. Provare per credere.
Sto bene, poi, perché quando ci sono più di quindici gradi per me è agosto, sudo copiosamente e le mie già modeste prestazioni ne risentono.
C’è qualcosa di splendidamente romantico nel gettarsi in strada quando è ancora semibuio, la temperatura è rigida (e tra l’altro ci si maledice per essersi vestiti così leggeri).
Ma poi ecco arrivare il miracolo: passo dopo passo ci si riscalda, la luce del giorno piano piano si alza e, al di là dello spettacolo visivo, viene confermata l’antica regola per cui è meglio patire un po’ di freddo per il primo paio di chilometri, piuttosto che patire il caldo per tutti i restanti. E vi vorrei vedere, se i chilometri fossero una trentina.
Qui il ragionamento è un po’ più articolato. Sto bene anche perché, ed è la prima volta per quanto mi riguarda, ho deciso di inserire un quinto allenamento in vista di Milano Marathon.
Quinto allenamento che non significa, nel mio caso, un approccio più professionale alla gara. Significa, semmai, che proprio perché sto preparando la maratona con grande leggerezza, percepisco ogni allenamento come una gioia (o meglio, come una gran fatica: la gioia è la sensazione che si prova ad allenamento ultimato).
Perciò ho lasciato che la corsa prendesse un po’ più di spazio nella mia quotidianità. Chissà: da anziano non escludo l’ipotesi di correre ogni giorno.
Sto bene perché sono entrato in un piacevolissimo circolo virtuoso.
La somma delle precedenti motivazioni mi sta facendo correre bene, entusiasmo chiama entusiasmo, e devo dire che non sto viaggiando nemmeno su ritmi (per me) troppo disprezzabili.
Qui sarebbe anche legittimo aprire una parentesi sull’inutile selva di pensieri che affollano la mente di noi podisti amatori. Che, se è legittimo che ci poniamo traguardi, se è legittimo che cerchiamo di migliorarci fin dove possibile, dovremmo tuttavia smettere di tenere troppo accesa, durante il giorno, la spia del podismo.
L’atteggiamento mentale perfetto (possibile solo in teoria, lo so), sarebbe quello di non pensare mai alla corsa, ma farsi assorbire completamente da ogni allenamento, dando davvero il massimo.
E, già che siamo dalle parti della consapevolezza, un altro atteggiamento da persona matura dovrebbe essere quello di ripeterci che, a una condizione di buona condizione psicofisica, ne seguirà necessariamente una di segno opposto. La raggiunta saggezza vorrebbe che non ci si esaltasse mai troppo quando le cose funzionano, né ci si abbattesse mai troppo in caso contrario.
Ma voi, la saggezza, l’avete raggiunta? Personalmente no, ma tra poco esco a correre: magari la trovo per strada.
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