Chi è abbastanza attempato si ricorderà che, tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta del secolo scorso, tre grandi allenatori hanno innovato altrettanti sport e vinto tantissimo, quasi tutto. Stiamo parlando, in ordine decrescente di visibilità, di Arrigo Sacchi per il calcio, Julio Velasco per la pallavolo e Ratko Rudić per la pallanuoto.
Li accomuna il fatto di essere stati tutt’e tre sulla panchina della nazionale italiana, li divide il fatto che Sacchi non ha saputo – alla guida degli azzurri – ripetere le mirabolanti imprese compiute col fantascientifico Milan dei tre olandesi.
Di calcio si parla sin troppo, e Velasco – fresco dello splendido oro olimpico con la squadra femminile di volley – è ormai da tempo diventato un’icona non solo dello sport ma anche della comunicazione.
Resta fuori il burbero allenatore croato Rudić, nomen omen. A tentare di colmare il vuoto hanno pensato Alessandro Mastroluca e Simone Pierotti, che per Battaglia Edizioni, editore di cui ci siamo già occupati, hanno scritto Settebellissimo, uscito nel maggio del 2024 con la prefazione di Sandro Campagna.
Settebellissimo risuonerà familiare sin dal titolo agli appassionati di pallanuoto, perché Settebello è il nome con cui viene chiamata la squadra maschile di questa disciplina (e l’origine dell’appellativo, scopriamo nel libro, è ancora dibattuta).
Settebellissimo ripercorre appunto i fasti della gestione di Ratko Rudić, capace di regalare alla nazionale italiana il Grande Slam (Olimpiadi, Mondiali ed Europei) nonostante, come vedremo, un prolungato scetticismo iniziale nei suoi confronti.
Il volume passa in rassegna le principali tappe della nazionale dal 1991 al 1999, concedendosi – unico piccolo limite, a nostro parere – svariate e non sempre necessarie digressioni sugli accadimenti politico-culturali contemporanei ai fatti sportivi narrati.
Il 4 settembre 1990 l’allenatore croato Ratko Rudić firma per la nazionale italiana. Con quella della Jugoslavia, allenata dal 1984, ha vinto due ori olimpici, un titolo mondiale e una Coppa del Mondo, oltre ad aver conquistato due medaglie d’argento agli Europei.
Il 28 settembre, giorno della sua presentazione ufficiale, Rudić mostra subito di che pasta è fatto, dichiarando senza perifrasi che “c’è troppa differenza di preparazione tra gli atleti che partecipano alle coppe europee e gli altri, un gap che va colmato lavorando sodo” (p. 48).
E sarà proprio una nuova intensità negli allenamenti, all’inizio vissuta in modo traumatico dai pallanuotisti, uno dei motivi per cui la nostra nazionale si preparerà a inanellare alcuni entusiasmanti successi, nonostante il timido sesto posto ai Mondiali del 1991 (e le frettolose critiche al nuovo coach, spesso in odore di un inquietante nazionalismo).
Ma sempre nel 1991 si comincerà a vincere, con l’oro ai Giochi del Mediterraneo, e l’anno dopo sarà la volta del maggior trionfo: l’oro olimpico a Barcellona, dopo una tiratissima semifinale contro la CSI (ex Unione Sovietica) e un’indimenticabile finale contro i padroni di casa, davanti a diciottomila spettatori, con gol del definitivo 9-8 segnato da Gandolfi a trentadue secondi dalla fine del sesto tempo supplementare e la traversa spagnola a quattro secondi dal termine.
È un’apoteosi che consacra il nostro Settebello e dà il via a un irripetibile (?) ciclo di vittorie: una Coppa del Mondo, due Europei, ancora i Giochi del Mediterraneo e i Mondiali di Roma nel 1994.
Il bronzo alle Olimpiadi di Atlanta è per molti l’inizio della fine di quella formidabile avventura. Che, ci ricordano gli autori di Settebellissimo, tra gli altri meriti ha avuto quello di avvicinare alla pallanuoto molti nuovi spettatori e giocatori, proprio com’era accaduto grazie alla Generazione di fenomeni di Velasco.
E chissà che un giorno non la si smetterà di chiamarli sport minori solo perché i media non li reputano abbastanza appetibili.
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