Ragioniamo con i piedi

Bentrovati, amici podisti.

Desidero per una volta scrivere un articolo un po’ diverso dal solito, nel quale esprimerò qualche mia conoscenza sulle scarpe da corsa, che vi somministrerò sotto forma di consigli: e per evitare di essere tacciato di supponenza, premetto che tali consigli sono il risultato di dialoghi con amatori evoluti e allenatori qualificati, e della lettura di testi di sicura attendibilità scientifica. Cominciamo.

Due consigli preliminari

Il primo consiglio preliminare vale per qualunque calzatura si voglia acquistare: misurate il vostro prossimo paio di scarpe nelle ultime ore del pomeriggio, quando il piede – che si è mosso tutto il giorno – si è gonfiato un po’. Il consiglio preliminare ad hoc per le scarpe da corsa è invece quello di prenderle non troppo giuste: tra l’alluce e la punta dovrebbe cioè esserci qualche millimetro di spazio. Proprio perché, dopo aver percorso un buon numero di chilometri, il piede tende a gonfiarsi. Che sia però qualche millimetro e non di più: il piede che balla e sbatte in una scarpa troppo larga rischia di procurarsi vesciche o le ancor più temibili unghie nere.

Diffidate runner, diffidate

Se siete podisti alle prime armi, diffidate dei commessi che vorrebbero propinarvi i peggiori modelli dei marchi più ignoti: non si capisce perché un principiante non dovrebbe avere il diritto di calzare scarpe di buona fattura. Saranno semmai i runner evoluti, con muscoli e articolazioni già abbastanza allenati, a potersi eventualmente permettere scarpe di qualità modesta: intanto ci pensa il loro fisico.

Negozi e negozi

Come scegliere un buon negozio? Col fiuto. Chiedetevi da quanto tempo quel negozio è aperto, e quale sia la sua fama presso gli sportivi (e, ancora meglio, presso i podisti). A un negozio generalista di solito è preferibile uno specializzato in articoli per il running, o almeno con una sezione dedicata al nostro sport: sarà assai più facile trovare commessi davvero preparati.

Molti negozi, oggi, permettono di effettuare – spesso gratuitamente – l’esame baropodometrico e una breve corsa sul tapis roulant, grazie a cui potrete scoprire il vostro tipo di appoggio, le caratteristiche dell’arco plantare, il grado di pronazione nonché la postura.

Quindi?

Quindi, affidatevi a un buon commesso. Poi: la classificazione delle scarpe valevole sino a pochi anni fa – sto parlando della mitica suddivisione in A1, A2, A3, A4, A5, A6 e A7 – è ormai sorpassata, mentre è sempre più di moda il dibattito scarpa minimalista sì/scarpa minimalista no.

Sopravvivono tuttavia poche norme, che non vanno seguite come dogmi ma che almeno dovrebbero essere attentamente considerate. Eccole: di solito, una scarpa più pesante, più ammortizzata e con un più consistente drop (detto anche offset o differenziale; insomma: la differenza di altezza fra tacco e punta) è adatta a un runner più pesante e lento. Viceversa, più si è corridori esperti, leggeri e veloci, più ci si può avvicinare alle calzature minimaliste.

C’è chi sostiene, e l’idea non mi dispiace, che tutti i runner dovrebbero piano piano avvicinarsi appunto alle calzature minimaliste, essendo una moda degli ultimi decenni quella di indossare scarpe con suole sempre più alte e dalle mescole sempre più morbide: la natura ci ha fatto per correre scalzi. Ma arriviamoci piano piano, dicevamo: quella di avere ai piedi calzature superammortizzate è un’abitudine più che radicata, dunque va abbandonata con gradualità.

Infine

Infine, quando cambiare le scarpe da corsa? In teoria, più una scarpa è ammortizzata più impiega tempo a usurarsi (perché più lento è il processo di perdita del suo potere ammortizzante). Oggi, epoca in cui troppi amatori si credono fenomeni, si tende a sostituirle troppo presto; mi sento di dire che la vita media di una scarpa da running si aggira intorno ai sette-ottocento chilometri.

Ah: vi siete mai chiesti a cosa serva quell’ultimo foro in alto? Sì, il laccio deve passare anche di lì. Date un’occhiata in rete: ci sono decine di video che vi diranno come fare.

Buone corse a tutti!

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