Editoriale

Il lato oscuro del podismo

È quasi paradossale scrivere queste righe, in qualche modo critiche nei confronti della corsa, all’indomani dello straordinario argento di Nadia Battocletti nei 10.000 metri alle Olimpiadi parigine.

O forse no, forse il mio accaldatissimo ragionamento viene semmai rafforzato dalla sublime prestazione della nostra mezzofondista. La quale, oltre a mostrare doti atletiche fuori dal comune e una maturità tattica sempre più spiccata, nelle interviste esibisce grande lucidità e umiltà, sottolineando appena può quanto sia importante faticare in allenamento e fare sacrifici, conscia che per ottenere risultati ancora più brillanti dovrà proprio aumentare la fatica e i sacrifici.

Però lei è una grande professionista, il lato oscuro del podismo è indispensabile per farla eccellere. Ma noi?

Il lato oscuro del podismo (amatoriale)

Noi, confessiamolo, spesso ci raccontiamo frottole, descrivendo il nostro sport come un giardino incantato dove tutto funziona, è bello, buono, giusto.

Nemmeno per idea. Correre è uno sport stupendo per i benefici che dà, ma non è affatto divertente, e me ne sto accorgendo proprio in questi giorni di caldo tremendo. Correre può essere piacevole solo le (rare) volte in cui si fa una sgambata sottoritmo di pochi chilometri. Casomai, correre è faticosissimo. Correre, poi, è noioso, perché per quanto si sia creativi variando percorsi e tipi di allenamento, il gesto è sempre quello, mettere un piede davanti all’altro per centinaia e centinaia di volte. E il risultato non cambia mai: fiato corto, gambe dure, sudore che gronda. Correre, inoltre, invade una quantità abnorme del nostro tempo, tra allenamenti, gare (e organizzazione delle medesime, le quali spesso devono coincidere con un mini viaggio), acquisto di materiale tecnico, lettura di libri, riviste, siti e forum… Correre, inoltre ma non infine, condiziona non solo la nostra vita ma anche quella dei nostri familiari. Eccetera.

Insomma: il lato oscuro del podismo c’è eccome, e se ha senso sopportarlo per un’atleta del calibro di Nadia Battocletti, non è che noi – a vivere la nostra passione con impegno da professionisti ma con risultati mediocri – siamo un po’ ridicoli?

Correre è un rapporto intenso

No, a patto che smettiamo di intendere il nostro rapporto con la corsa come un idillio in cui non c’è spazio per gli elementi negativi.

Per chi corre con un certo impegno, a prescindere dai risultati che ottiene, quello col podismo è un rapporto intenso. E come ogni rapporto intenso ha due caratteristiche. La prima, è che esso si basa su un equilibrio di pieni e vuoti, gioie e dolori, esperienze positive e negative. Proprio come un rapporto di coppia, sì. E proprio come in un rapporto di coppia, quell’equilibrio può magicamente accompagnarci per decenni, dandoci assai più di quanto ci toglie. Oppure può spezzarsi, e suggerirci – dopo di che sta a noi accogliere il suggerimento o far finta di non sentirlo – di piantarla lì, di accettare una ragionevole e civile separazione.

La seconda fondamentale caratteristica è che, come accade in ogni rapporto intenso, anche la relazione tra il podista amatore e la corsa evolve. Mente sapendo di mentire colui o colei che giura di amare il proprio partner con la stessa passione dei primi giorni. Così come il podista che giura di allenarsi ancora col fuoco delle prime uscite. Ma certamente, se si è capaci di leggere con onestà l’evoluzione del rapporto, si ha l’opportunità di godere dei diversi benefici che esso può dare nelle varie fasi della vita.

Quindi?

Quindi, non è vero – come si diceva all’inizio – che queste righe sono critiche nei confronti della corsa. Lo sono, piuttosto, nei confronti di quegli amatori ingenui che negano il lato oscuro del podismo, si ostinano a raccontare e raccontarsi dei loro bellissimi allenamenti e delle loro gloriose gare. Per poi ritrovarsi un giorno, di colpo e senza preavvisi (ma solo perché li si ha ignorati), a non voler più correre.

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