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L’arte di allenare secondo Max Monteforte

Cari amici podisti, perdonate la partenza irrituale: non conosco di persona Max Monteforte ma lo abbraccerei. Intanto perché – dichiarando di andare a letto ogni sera intorno a mezzanotte per svegliarsi ogni mattina alle 4 e 20 – sposta un po’ più in là il concetto di dormire poco, pratica che mi sono sempre attribuito con un sentimento a metà tra l’autoironia e la fierezza.

E poi, scherzi a parte, perché nelle 230 pagine del libro di cui vi parlerò oggi sa trasmettere una passione e una competenza che pochi allenatori di podismo oggi in Italia hanno, oltre a una serie di informazioni utili, basate su professionalità, buon senso e quell’immancabile quota di visionarietà (non voglio chiamarla né eccentricità né tanto meno follia) che contraddistingue tutti noi innamorati del running.

L’arte di allenare

L’arte di allenare. Respira con gli occhi, corri con la mente è stato scritto da Max Monteforte durante il cosiddetto primo lockdown, ed è uscito per le Edizioni Purosangue, che fanno capo a Purosangue Athletics Club. Purosangue è un’associazione podistica e molto altro, essendo capofila di svariati progetti di respiro internazionale per la promozione dello sport, la lotta al doping e l’aiuto ai futuri potenziali campioni di Kenya e Mozambico.

Max Monteforte è fondatore – con Nico Pannevis – e tecnico di Purosangue Athletics Club, è stato un ottimo atleta (14’25” sui 5000), nazionale di ultramaratona, e ha tagliato il traguardo dei 120.000 percorsi correndo. Dopo di che, tra le altre cose, è stato responsabile dei top runner della Maratona di Roma e allenatore della nazionale di pentathlon moderno alle Olimpiadi di Rio del 2016.

Ne L’arte di allenare, impreziosito dalla prefazione di Gianni Poli e acquistabile qui, Max offre una splendida sintesi di ciò che significa essere un ottimo allenatore di podismo. Suddiviso, guarda che caso, in quarantadue capitoli, il volume affronta una serie di questioni relative alla corsa con un tono garbato: la sapienza di Monteforte non ha mai un sapore cattedratico ma semmai suscita sempre simpatia.

Non c’è pagina in cui non siano dispensati consigli preziosi e spesso sottostimati: ad esempio nel capitolo 7, La corsa perfetta, c’è un interessante approfondimento sull’importanza della corretta oscillazione delle braccia (personalmente, in questo senso mi dichiaro fortunato perché il mio allenatore è Fulvio Massini. Ma quanti podisti vedo correre con le mani praticamente appiccicate al petto!).

Oltre all’analisi di svariate questioni tecniche, che sfociano nei dieci principi cardine del running (alle pagine 38 e 39), il libro offre anche un test elaborato dalla psicologa e psicoterapeuta Liliana Matteucci, per scoprire che tipo di runner siamo. Non mancano capitoli dedicati alle varie tipologie di scarpe, all’importanza del riposo, a concetti come overreaching, overtraining e supercompensazione, e naturalmente ai programmi per preparare gare dai 5 ai 100 chilometri, tabelle comprese.

Il maggior pregio di L’arte di allenare ci sembra però risiedere altrove: e cioè nel fatto che il libro è attraversato da una bella energia, da una visione del podismo come sport che – se vissuto in una non facile posizione di equilibrio – regala indescrivibili emozioni. E quel non facile equilibrio dovrebbe essere dato dalla consapevolezza che per trovare la gioia più profonda nella corsa bisogna faticare, ma senza mai permettere alla corsa di tramutarsi in un’ossessione.

A pagina 173, ad esempio, leggiamo: “Sempre più spesso osservo runner che, nel tentativo di migliorarsi, eccedono in allenamenti che saziano ma non nutrono. Il processo più naturale del mondo, quello che nel tempo aiuta a migliorarsi, è la continuità, la costanza della goccia cinese, che senza sosta, lavora per scavare la roccia”.

Infine, ci uniamo a Max quando auspica per il futuro prossimo dell’Italia una cultura sportiva nuova, che impieghi risorse a favore dei professionisti del running (oggi la maggior parte degli allenatori italiani, seppur bravissimi, è composta da dopolavoristi), per poter tornare a essere competitivi come qualche tempo fa.

Non ci resta che confidare in Stefano Mei, neoeletto presidente Fidal. Nel frattempo, buone corse e buona lettura!

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