Negli ultimi anni, non ci stancheremo di scriverlo, il boom del podismo (di per sé più che meritorio, non fosse altro perché ogni nuovo corridore è una persona sottratta al rischio di una serie di patologie e guai psicofisici) ha prodotto anche tutto ciò che sempre produce una moda: concentrazione esasperata sugli aspetti superficiali del fenomeno e disinteresse verso le fondamenta teoriche e tecniche. Per concretizzare con un esempio: si vedono sempre più runner correre con un appoggio del piede quanto meno maldestro, ma vestiti con capi sempre più sgargianti (e, naturalmente, costosi).
Per fortuna, qui e là nel mondo stanno nascendo associazioni e gruppi, composti da serissimi professionisti del mondo della scienza e dell’endurance, che cercano di riportare l’attenzione dei podisti al nucleo autentico del nostro sport: per quanto riguarda sia l’approccio mentale che fisico, ma anche per ciò che concerne aspetti tutt’altro che secondari, come l’alimentazione e il riposo. Con questo spirito è sorta in Canada, fondata da Blaise Dubois, la Clinica del running, un autorevole punto di riferimento per chiunque pratichi la nostra amata disciplina, con un occhio di riguardo alla prevenzione dei traumi e delle lesioni da corsa.
Curato proprio da Blaise Dubois in collaborazione col giornalista Frédéric Berg, nell’ottobre del 2020 è uscito per i lettori italiani La salute nella corsa (Mulatero, traduzione di Xavier Dondeynaz e Renzo Raimondi), un volumone di cinquecento pagine corredato dalle splendide fotografie di Alexis Berg e da una serie di disegni, schemi e grafici di grande chiarezza e utilità.
Il libro, grazie ai contributi di una cinquantina di esperti a vario titolo (da ricercatori di fama internazionale ad atleti professionisti), offre una vastissima quantità di informazioni che hanno il duplice pregio di poggiare su solide (e recenti) argomentazioni scientifiche, e di essere espresse con un linguaggio accessibile a tutti. Questa caratteristica fa de La salute nella corsa uno strumento prezioso sia per chi si sta avvicinando al podismo, ed è bene che lo faccia in modo rigoroso – per prevenire gli infortuni ma soprattutto per godere al massimo dei benefici di questo splendido sport – sia per l’amatore esperto, che una volta terminato il volume si troverà probabilmente a dubitare di alcune sue radicate convinzioni.
Senza levare al lettore il gusto della scoperta, possiamo dire che il volume propugna il ritorno a un approccio semplice e naturale (in una parola: primitivo) alla corsa, e suggerisce nemmeno troppo velatamente di mettere in discussione una grande varietà di luoghi comuni ormai consolidatisi, grazie anche alla potenza dell’industria del running, composta dagli organizzatori delle gare-evento, dai grandi marchi dell’abbigliamento sportivo, da quelli dei prodotti per l’integrazione eccetera.
Siamo così sicuri, ad esempio, che nelle scarpe da corsa occorrano un’abbondante ammortizzazione e il supporto per contenere la pronazione del piede? E siamo altrettanto sicuri che la natura non offra alimenti in grado di sostituire egregiamente quella sfilza di polveri e gel che ormai anche il più modesto dei tapascioni ingolla compulsivamente prima, durante e dopo ciascun allenamento o gara? E proseguendo: dobbiamo davvero dare per scontato che ogni podista debba periodicamente fare i conti con un infortunio, oppure una corretta tecnica di corsa – assieme magari a un’esistenza meno votata alla sedentarietà e ai cibi spazzatura – ridurrebbe di molto questa eventualità?
Più in generale: dobbiamo arrenderci al fatto che lo sport più bello (e a noi più connaturato) debba essere oggi soltanto, o quasi, una faccenda di marketing, o abbiamo ancora la possibilità di riappropriarcene, di tornare a viverlo come una delle azioni più appaganti e umane che si possano compiere?
Dipende da noi. Voi, intanto, leggete La salute nella corsa; e io, che l’ho già letto, vado a correre.
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