Editoriale

Genova per me

Cari sportivi, buon anno!

E buon anno anche a voi, che vi siete ripromessi di diventarlo nel 2022, sportivi. Ricordo mestamente ai più restii che chiunque, partendo da qualunque condizione fisica, può correre o praticare qualsivoglia altra disciplina sportiva. Occorrono solo tenacia, gradualità e – meglio – qualcuno che almeno nei primi tempi ci segua, per evitare quegli errori di impostazione che, se assunti fin da subito, non sono poi facilissimi da raddrizzare (come ad esempio, per noi podisti, la tecnica di corsa).

Ma non volevo parlarvi mica di voi, ah no. Volevo spudoratamente parlarvi di me.

Queste vacanze natalizie trascorse a Genova hanno visto la lieta coincidenza di due eventi. Diciamo meglio: sono proprio state, dal punto di vista atletico, come divise in due. Vediamo perché.

Dopo Pisa

Come vi ho raccontato lo scorso lunedì, domenica 19 dicembre ho corso la ventiduesima edizione della maratona di Pisa.

E, come da tradizione, dopo ogni gara regina il mio allenatore Fulvio Massini impone riposo assoluto (dalla corsa) sino alla domenica successiva. Si può, anzi si dovrebbe, fare lunghe passeggiate, giri in bici con rapporti leggeri o rilassanti nuotate per sciogliere la muscolatura, ma guai a correre, anche per cinquecento metri.

E devo dire che trovo sempre rigenerante questo piccolo stacco, sia dal punto di vista mentale che fisico. Verso la metà della settimana, infatti, quando tutti i dolori muscolari si sono riassorbiti, si prova una voglia irresistibile di rigettarsi in strada, ma è altrettanto bello resistere e ritrovarsi a correre, la domenica successiva, ancora più pieni di adrenalina (e col fiato inevitabilmente corto).

Stavolta la settimana senza corse è stata particolarmente impegnativa, poiché coincidente con i bagordi natalizi. Ma devo dire che sono riuscito, non senza atroci sforzi, a non ingrassare.

Le mie corse genovesi

Terminata la… quarantena podistica, ecco che mi sono ritrovato nell’insolita veste di corridore genovese.

Qui devo ammettere che, ogni volta che mi alleno nella mia Genova, mi ricordo del privilegio di abitare a Tortolì. Dove posso uscire di casa correndo, e raggiungere in pochi chilometri il lungomare di una delle tre spiagge della zona, a mia scelta, senza il minimo rischio di imbattermi in semafori rossi o vetture che sfrecciano a velocità supersoniche.

A Genova, tuttavia, ho imparato ad arrangiarmi. Se il tempo a mia disposizione è poco, ecco che corro lungo il fiume Bisagno. Partendo di buon mattino, non si incontrano nemmeno troppi automobilisti spericolati. Ho inoltre collaudato un giro che riduce pressoché a zero l’eventualità di arrestarsi. Infine, da qualche tempo, lungo il Bisagno stazionano simpatiche famiglie di cinghiali. Non male, correre col dubbio di poter essere inseguiti da un membro particolarmente intraprendente della famigliola. Poter dire di essere stati morsi da un cinghiale correndo mi garantirebbe una posizione di indiscusso privilegio nella scala sociale dei corridori.

Poi c’è la mia amata pista, la Sciorba, che raggiungerei in meno di un quarto d’ora d’autobus, se l’attesa dell’autobus suddetto non fosse del tutto imprevedibile. Mi è capitato di infilarmici al volo, quasi entrando dal finestrino, o di attendere anche mezz’ora.

La Sciorba è un centro sportivo che comprende, tra le altre cose, un glorioso campo di atletica. Glorioso e, va detto, oggi un po’ scalcagnato.

Battuta da un vento sempiterno, frequentata da podisti di ogni età ed equipaggiamento atletico, la pista della Sciorba è una specie di Bignami della corsa, perché ne rappresenta la perfetta sintesi: senza fronzoli né lusinghe estetiche, ha però tutto quello che occorre al podista per faticare, ed entrare in quella impagabile dimensione di intimità che solo la corsa sa dare.

Certo, mancano i cinghiali. Anche se, a vedere l’allenamento di noi podisti subito dopo Natale, non c’è da esserne così sicuri.

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Tag: Sciorba

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