Anche i podisti vivono di paradossi. Per non parlare dei podisti che redigono articoli, e che si ritrovano a scriverne uno alla vigilia di una maratona, sapendo che verrà letto a maratona conclusa.
E così, dal momento che dei giorni subito prima di una gara regina ho già scritto la scorsa settimana, mi tocca oggi di dirvi cosa succede – di solito – nei giorni subito successivi. E ve lo racconterò pur vivendo le sensazioni del pre-gara. Ma si può?
Eh sì: si può. Perciò, cosa succede dopo una maratona?
Di solito, a meno che il fallimento sportivo non sia clamoroso, dopo una maratona si è euforici. Anche se non è uscito il tempo sperato, il podista amatore di non eccelso livello si sente un eroe: ha percorso una distanza che ai più dà noia percorrere anche in automobile.
E così, mentre ripensa ai momenti più eroici della gara (dimenticando tutte le maledizioni che negli ultimi chilometri ha scagliato contro sé e il mondo), la sua emotività indomita gli fa fare progetti strampalati, che analizzeremo meglio nel prossimo paragrafo.
Lo sappiamo tutti: dal trentacinquesimo chilometro all’arrivo, quasi ogni podista odia se stesso e lo sport che si è scelto. Ma cinque minuti dopo aver concluso una maratona ha già voglia di correrne un’altra. Le vie del masochismo sono infinite. Però, finché il podista è lì all’arrivo, privo di forze, spesso infreddolito e in preda ai crampi, il suo desiderio è vago e informe.
Ma il tempo passa, il suddetto podista torna zoppicante a casa, si fa una doccia, si nutre e riposa. È allora, la sera stessa della gara o al più tardi l’indomani, che inizia a compulsare i calendari delle future maratone. Prima limitandosi all’Italia, poi allargando lo sguardo all’intera Europa, infine convincendosi che l’unica gara regina degna di essere corsa è quella di Pyongyang (che peraltro esiste davvero).
In preda al delirio, il podista non solo pianifica un viaggio che con buona probabilità lo ridurrebbe sul lastrico, ma anche dal punto di vista atletico non si pone limiti. Se ha chiuso in 4 ore e 23 minuti, sosterrà che con un po’ di allenamento sarà facilissimo impiegare meno di 4 ore. Se ha fatto 3h40’, cosa ci vorrà scendere sotto le tre ore? E chi l’ha corsa in 2 ore e 55 minuti si vede a un passo dal primato mondiale.
Di solito, dopo una maratona gli allenatori consigliano di non correre per qualche giorno. Magari è bene pedalare con rapporti morbidi, fare lunghe camminate, nuotare: tutte attività che tonifichino la muscolatura senza affaticare. Ma una piccola vacanza dalla corsa è assai salutare sia dal punto di vista fisico sia da quello psicologico.
Peccato però che, per chi è abituato a macinare chilometri, quattro, cinque o più giorni senza correre sono una tortura, e portano con sé il concreto rischio di ingrassare. Pensate al mio specifico caso: la pausa dopo la maratona coinciderà con le festività natalizie.
Per fortuna, la pausa dopo una maratona dura poco. Dopo di che, quando finalmente si ricomincia a correre, si torna a essere non solo magri ma anche razionali. Capiremo che non è il caso di spendere cinquemila euro per un volo aereo con l’obiettivo di correre una gara in veste di amatori, che non miglioreremo mai di diciotto minuti il nostro miglior tempo, che se una sgambata di pochi chilometri ci affatica a quel modo, la strada per correre altri 42.195 metri di fila sarà lunga e piena di insidie.
Ma capiremo anche che solo correndo siamo noi stessi, e non rischiamo di essere preda di pensieri assurdi. Perciò, sotto con la prossima!
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