Editoriale

Corridori: le tipologie della primavera 2020

Sto scrivendo questo articolo giovedì 23 aprile. Sembra ormai certo che il prossimo Decreto del Consiglio dei Ministri, che sarà in vigore da lunedì 4 maggio, allenterà la stretta anche su noi podisti: potremo finalmente correre per chilometraggi meno risicati e allontanandoci dalle nostre case-tane, e – ci auguriamo – senza il corollario insensato (anzi, nocivo, perché inibisce la corretta respirazione) della mascherina.

È quasi giunta l’ora, insomma, di dire la nostra riguardo a… no no, non riguardo ai demonizzatori dei podisti. Troppo comodo, prendersela con gli altri. Avremo magari modo più avanti (semmai ci verrà la voglia) di occuparci di loro. Ci pare più divertente, oltre che onesto, badare anzitutto a noi stessi. Come? Facendo una rapida carrellata delle varie categorie in cui si sono suddivisi i podisti in queste settimane, nelle quali correre è stato – a seconda delle regioni – o vietato o reso davvero arduo.

Gli integralisti

Sono coloro che, pur di non rinunciare ai consueti allenamenti, si sono travestiti da gatto randagio o da nonnina che va a fare la spesa (i più geniali si sono travestiti da nonnina smemorata, per avere un alibi di ferro se qualcuno avesse contestato il fatto che la spesa la si potesse fare al massimo una volta al dì).

Sottocategoria: gli integralisti improvvisati. Coloro che non hanno mai corso nemmeno per salire su un mezzo pubblico ma che, spinti da incoercibile desiderio di disubbidienza civile, hanno iniziato a sgambare proprio in quei giorni. Facilmente riconoscibili dall’abbigliamento incongruo e dal baffo ingiallito, tipico del tabagista.

I tenaci ragionevoli

Appartengono alla categoria coloro che, stabilito ad esempio che si potesse correre solo entro i duecento metri da casa, hanno evitato di fare lunghissimi da ventotto chilometri o serie di otto ripetute da due chilometri, limitandosi a uscire per qualche chilometro di corsa lenta.

Sottocategoria: i podisti inclini al senso di colpa. Quelli che, seppure continuassero a ripetersi che uscire alle quattro del mattino nel deserto più assoluto per correre non avrebbe comportato nessun incremento del picco dei contagi, non appena avvistata una presenza umana nel raggio di un chilometro, si immobilizzavano fingendosi spaventapasseri o rientravano frettolosamente a casa facendo un falò dell’abbigliamento tecnico.

I tenaci irragionevoli

Ossia gli impazziti. Coloro che hanno corso ultramaratone attorno al proprio sofà, non solo senza provare il minimo senso di vergogna, ma addirittura filmandosi ed esponendosi così – con la complicità dei social – al pubblico ludibrio.

Sottocategoria: gli impazziti senza videocamera. Quelli cioè che hanno giurato, senza prove documentali, di avere fatto su e giù per le scale per diciassette ore filate. Lo hanno scritto sui social e, nel loro caso, al pubblico ludibrio si è aggiunta la pubblica nomea di bugiardo incallito.

I possessori di tapis roulant

Irrisi da tutti sino a poco tempo fa, hanno goduto di un loro inopinato momento di gloria. Alcuni di essi, sotto l’effetto delle endorfine, si sono spinti a sostenere di avere acquistato il tapis roulant perché avvertiti da una visione profetica dell’arrivo della pandemia.

Sottocategoria: i compratori di tapis roulant dell’ultima ora. Indebitati sino al collo, hanno domandato al proprio commercialista se il Governo non avesse bell’e pronto un bonus anche per loro. La parcella del commercialista, esibita per rispondere un semplice “No”, li ha indotti al suicidio.

I neomoralisti

Quelli che hanno smesso di correre nonostante (pur con tutte le limitazioni del caso) avrebbero potuto. Ma costoro hanno preferito sentenziare sui social, dichiarare a tutti che loro – irreprensibili cittadini – non avrebbero mica voluto rischiare di fratturarsi una gamba e intasare il pronto soccorso della propria città. E giù a ricevere i like dalla zia e dall’amante.

Sottocategoria: i maledetti dalla divinità podistica. Quelli che, dopo essersi pavoneggiati su tutti i social per essere rimasti a casa (con tanto di hastag, naturalmente), si sono cucinati un hamburger di tofu, si sono ustionati con l’olio bollente e hanno contribuito all’intasamento del pronto soccorso della propria città.

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