Libri

Essere ultramaratoneti oggi: perché?

L’argomento della corsa di resistenza, e più nello specifico i motivi che spingono a correre per distanze uguali o superiori alla maratona, non mi è estraneo.

Ne ho parlato in un libro, in diversi articoli usciti su rivista, durante un convegno, ed è uno dei capisaldi del podcast che settimanalmente somministro ai miei ascoltatori.

Se forse è indelicato iniziare un articolo parlando di sé, l’irrituale attacco trova parziale giustificazione nel fatto che il libro di cui parliamo oggi tratta esattamente lo stesso argomento, e insomma è argomento che mi interessa e affascina.

Il volume in questione, scritto da Gabriele Ferretti, è Correre e ultracorrere. Saremo tutti ultramaratoneti?, uscito per il Mulino nell’aprile del 2023. E, va da sé, è dedicato al misterioso mondo delle ultra.

Le ultramaratone

Dicevamo misterioso, ma il mondo delle ultra (che, per chi non lo sapesse, comprende tutte le gare di distanza superiore alla maratona – e ricordiamo che la maratona è una distanza pari a 42.195 metri) è sempre meno misterioso dal punto di vista sociale, giacché – come in Correre e ultracorrere è spiegato in più punti – è pratica sempre più diffusa.

È anzi questo, in fondo, l’interrogativo capitale che percorre tutte le 166 pagine del libro. Ed è una sorta di riproposizione iper-contemporanea della domanda che qualche anno fa si è fatto Roberto Weber, e che ha dato il nome al suo splendido libro da noi recensito: Perché corriamo?

Gabriele Ferretti sembra invece chiedersi: Perché corriamo le ultra?

Correre e ultracorrere

Correre e ultracorrere propone, nelle righe iniziali, tre “rivoluzioni antropologiche contemporanee” (p. 11) che riguardano il mondo delle ultra: una rivoluzione sociale (sempre più persone le affrontano), una scientifica (sempre più scienziati, specie biologi a antropologi evoluzionisti, indagano l’umana inclinazione a correre distanze ragguardevoli) e una filosofica (sempre più persone – filosofi o meno che siano – si domandano perché le ultramaratone ci attirano).

L’autore anzitutto indaga, soprattutto dal punto fisiologico, i motivi per cui l’animale uomo è predisposto alla corsa sulle lunghe distanze (con la citazione dell’ormai fondamentale articolo Endurance running and the evolution of Homo di Dennis Bramble e Daniel Lieberman).

E ragiona sulle componenti psicofisiche attive nella corsa sulle lunghe distanze. O meglio: sull’interazione mente-corpo, che è tale in entrambe le direzioni. E proprio l’azione del corpo sulla mente ci ricorda come questa non sia un’astrazione che signoreggi sulle nostre esistenze, ma sia semmai influenzabile (anzi, diciamolo pure: allenabile) dal corpo non meno di quanto sia la mente stessa a condizionare la componente fisica.

D’altronde, ci ricorda Ferretti, “La mente è in un cervello che è in un corpo” (p. 128).

Dopo di che ci si arriva a porre la fatidica domanda: se correre, per i nostri antenati, era pratica imprescindibile al procacciamento del cibo, perché oggi ci avventuriamo in corse dal chilometraggio così cospicuo?

Perché si corrono le ultra?

Alle possibili diverse risposte, l’autore dedica il sesto e ultimo capitolo di Correre e ultracorrere. Concludendo che “l’ultramaratoneta odierno è l’incarnazione perfetta di un’era caratterizzata dall’indistruttibilità fisico-cognitivo-emozionale. Un uomo senza limiti, che tenta di eliminare fino all’ultimo briciolo di coscienza che si pone come ostacolo tra il suo corpo e il suo traguardo” (p. 157, corsivo nel testo).

Non siamo sicuri che ci persuada del tutto, questa prospettiva quasi superomistica. Certamente, per molti atleti correre lunghe o lunghissime distanze oggidì significa celebrare la prestazione, oltre che partecipare all’insensata e ansiogena pratica dello spostare sempre un poco più in là i limiti del possibile (pensiamo ad esempio ai più recenti approdi dell’intelligenza artificiale).

Ma per molti altri, crediamo, correre distanze notevoli significa l’esatto contrario: uscire da tutti gli obblighi sociali per ricordarci della nostra appartenenza al mondo e al suo ritmo.

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