Centocinquanta anni fa nasceva Federigo Caprilli, padre dell’equitazione. Comincia da qui la mia curiosità e, quindi la decisione di partecipare al convegno “Federigo Caprilli: sempre attuale?” che si è tenuto presso la Biblioteca Militare Centrale a Roma, perché se è vero che ci ha salutato presto (aveva 39 anni), è anche vero che ci ha lasciato una grande eredità e avevo voglia di scoprirla.
Nell’iniziativa – organizzata dal Centro Studi della Federazione Italiana Sport Equestri con il fondamentale contributo dello Stato Maggiore dell’Esercito Italiano e che si avvalso del patrocinio di Regione Lazio e Roma Capitale – si sono susseguiti relatori di altissimo profilo. Ma ci tornerò in seguito. Insomma, cultura, storia, scienza e, naturalmente, sport sono stati gli argomenti che hanno permesso di portare alla luce la grande figura di Federigo Caprilli.
Un apparente e sottile fil rouge ha unito Caprilli a Charles Robert Darwin. Figli entrambi della propria epoca hanno, ognuno nel proprio ambito, aperto la strada all’osservazione della vita emozionale degli animali. Se nel 1872 nel lavoro “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”, Darwin ha individuato le emozioni (gioia, stupore, paura, disgusto, ira e lutto) presenti in tutte le culture umane ed in tutto il mondo animale; Federigo Caprilli, nel 1889 poco più che ventenne, ha individuato negli occhi dei cavalli quell’espressione di disgusto prodotta da un modo di saltare totalmente innaturale.
Ricordare Caprilli significa richiamare l’attenzione non solo sul suo pensiero, o forse sarebbe più esatto dire sulla sua filosofia equestre, ma anche sull’epoca storica che lo vide protagonista. Ripensando alla sua vita, oltre che al suo sistema, appare evidente come l’equitazione sia parte integrante della cultura di un’epoca; come la condizioni e come da essa sia, a sua volta, condizionata. Caprilli, ha operato una rivoluzione sia dal punto di vista delle tecniche equestri che nel modo di percepire l’animale cavallo. Questo capovolgimento d’ottica lo ha reso un anticipatore della sensibilità attuale e degli apporti del pensiero scientifico moderno.
Torniamo al dibattito. Ad aprire i lavori è stato Marco Di Paola (presidente FISE): «Sono onorato di poter promuovere questo momento di cultura, legato ad un uomo di grande importanza per il mondo equestre. L’equitazione non è soltanto uno sport, ma anche uno stile di vita; c’è, infatti, un rapporto con un altro atleta, ovvero il cavallo. Caprilli ci ha dato un messaggio incredibilmente lungimirante: ci ha, infatti, aiutato ad interpretare il rapporto con un atleta silenzioso come il cavallo, per permetterci di raggiungere dei primati sportivi. La FISE ha sicuramente a cuore le vittorie e le medaglie, ma ha altrettanto a cuore il messaggio di cultura e rispetto verso il cavallo. Il nostro compagno di vita e di sport».
A seguire l’interessante intervento della Dott.ssa Patrizia Carrano (amazzone amatoriale e autrice di romanzi sull’equitazione): «Federigo Caprilli è un personaggio vissuto in un’epoca di profondi mutamenti nel campo delle scienze, delle tecniche e del costume, che hanno influito profondamente nel suo modo di intendere la vita e l’equitazione. Caprilli, da uomo del suo tempo, ha assorbito –talvolta forse inconsapevolmente – le molte suggestioni che gli sono venute dal dibattito scientifico suscitato dalle tesi di Darwin e dalla passione per “il modernismo” che animava i circoli culturali presenti a Torino. E’ l’insieme di queste suggestioni che ha contribuito a liberare il suo pensiero e il suo talento dalle rigidità accademiche».
Il Dott. Giovanni Battista Tomassini (Caporedattore della redazione cultura e spettacolo del TG3) ha poi analizzato il metodo caprilliano: «La rivoluzione tecnica ideata da Caprilli, con l’introduzione del suo “sistema di equitazione naturale”, ha rappresentato una netta cesura rispetto alla tradizione equestre precedente. Questo ha indotto i suoi epigoni a un generico rifiuto e un immotivato oblio della storia equestre. In realtà, l’innovazione del metodo caprilliano, riportando la scuola italiana d’equitazione all’attenzione del mondo, ha compiuto e chiuso una parabola iniziata nel Rinascimento, con la pubblicazione in Italia dei primi trattati equestri e con il primato dei cavallerizzi italiani nelle corti europee. Dal punto di vista tecnico, prima di Caprilli non c’erano “i barbari”, ma un sofisticato patrimonio di sapere equestre, funzionale a tipologie differenti di cavalli e ai loro diversi impieghi».
Importante, infine, l’intervento del Prof. Michele Panzera (Professore Ordinario di Etologia veterinaria e Benessere animale presso il Dipartimento di Scienze veterinarie dell’Università degli Studi di Messina): «Nel 1872 Charles Darwin ha pubblicato il libro “Espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”, consacrandosi – per le modalità di descrizione delle espressioni e degli atteggiamenti delle diverse emozioni animali – quale pioniere dell’etologia descrittiva e del disegno sperimentale etologico, in un momento storico delle scienze esatte nel quale ancora si era ben lungi dall’intravedere i correlati neuronali della fisiologia neurovegetativa. Nel 1889 il Caprilli, a 21 anni, con il suo cavallo di nome “Sfacciato”, ha definito i capisaldi metodologici del suo sistema naturale di equitazione. A quel tempo gli scritti di Darwin non avevano ancora ottenuto alcun riscontro presso la comunità scientifica internazionale, anzi tutt’altro, ed il Caprilli – acuto osservatore del “disgusto” manifestato dai cavalli dopo molti salti effettuati secondo le regole dell’equitazione di maneggio di allora – con pionieristico intuito affermava che non bisognava asservire, ma assecondare l’equilibrio naturale del cavallo; non bisognava trattenere, ma liberare il bilanciere cefalo-rachidiano. Solo così il cavallo, maestro di relazioni empatiche, avrebbe servito con fiducia e rispetto le richieste del suo cavaliere».
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