Sono così tanti, i motivi per cui sono contento di parlarvi di quello di cui vi parlerò, che non so nemmeno da dove cominciare. Sono contento e allo stesso tempo vi devo delle scuse, anche se non ho responsabilità. Quanta carne al fuoco in così poche righe. Sono contento perché, dopo l’infortunio con cui vi ho tediato per più di un articolo, torno a scrivere di corsa (delle mie, corse). Lo sono, poi, perché vi presenterò il modello del marchio di scarpe che ormai uso da anni, e che non cambierei più con nessun altro. Inoltre, sono contento perché correre tra marzo e maggio è per me uno dei piaceri più impagabili.
E vi devo delle scuse, sì, perché – nonostante, lo giuro, io non mi sia infortunato apposta – questa recensione arriva con un paio di mesi di ritardo rispetto alla data prevista. E siccome il mondo non aspetta me, è già uscita la seconda versione del modello che adesso vi presenterò.
Andando con ordine. Le scarpe di cui vi parlerò sono le Altra Rivera, l’ultimo modello concepito in casa Altra, che è anche un interessantissimo anello di congiunzione tra le due più note sorelle maggiori da strada: le Torin e le Escalante.
Si tratta di scarpe che mantengono immutate le due caratteristiche peculiari dell’azienda americana: il Toe Box FootShape (la parte anteriore della scarpa ampia) e il Balance Cushioning Platforme (volgarmente chiamato drop zero).
Le Rivera hanno 26 millimetri di stack (ovvero la suola), e questo – vedremo tra poco – ci dice già qualcosa. Pesano 257 grammi nel numero 9,5 maschile. Hanno un’intersuola Altra EGO™, una tomaia in mesh tecnico leggero e traspirante e una suola flessibile Neutral Innerflex™.
Si diceva dei 26 millimetri di stack. Non è un caso se le Torin 5 ne hanno 28 e le Escalante 2.5 ne hanno 24.
La Rivera è infatti un coraggioso ponte, che Altra ha pensato proprio di istituire tra la Torin – l’ammiraglia, perfetta per le gare lunghe – e la velocissima Escalante.
La Rivera potrebbe essere sia la scarpa per il maratoneta che va svelto e che ha adottato una buona tecnica di corsa, sia per l’amatore senza troppe pretese. Che però vuole divertirsi con una scarpa reattiva, magari nei lavori in pista, o anche nelle ripetute in strada, o comunque in uscite di chilometraggio piuttosto ridotto.
Tralasciando per decoro ogni cenno alla mia condizione fisica dopo quasi quaranta giorni di stop, concentriamoci sulle Rivera. Sono, intanto, scarpe che pur mantenendo fede al Toe Box FootShape, vestono in modo piuttosto aderente anche sul davanti. Altra infatti ha scelto, e di recente lo ha esplicitato in una nota ufficiale, di suddividere i propri modelli in tre diverse ampiezze anteriori, per ogni gusto e necessità.
La calzata è come sempre una meraviglia. Le Rivera si sono rivelate reattive: comode da essere indossare ma secche nella risposta. Dopo un’uscita di sedici chilometri, non mi hanno procurato il minimo fastidio alla cosiddetta catena posteriore: non sono, insomma, scarpe estreme come le Escalante Racer.
Vanno quindi a colmare in modo intelligente una piccola lacuna: pochi podisti, forse, se la sentirebbero di spingersi oltre la mezza maratona con le Escalante 2.5 (o le versioni precedenti). Mentre per i più equipaggiati atleticamente, le Torin potrebbero essere percepite come eccessivamente protettive anche per la gara regina.
Ecco perciò arrivare le Rivera, entrate nel catalogo Altra in punta di piedi, come testimonia anche la loro estetica davvero sobria.
Ma che l’azienda abbia indovinato nell’intercettare un segmento ancora parzialmente scoperto lo dimostra il fatto che dallo scorso primo marzo sono in commercio le Rivera 2. Chi le ha provate ne parla benissimo, e ha riscontrato alcuni importanti miglioramenti. Ve ne parlerò anche io: le ho lì che attendono. Avrei dovuto già indossarle, ma sono stato distratto da quattro appuntamenti non previsti con le onde d’urto focali.
Ci risentiamo presto. Nel frattempo, cerco di riguadagnare un forma fisica dignitosa.
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